“Sarà un piano decennale, oltre 100 miliardi con fondi Ue. I primi tre anni realizzeremo le novità della legge di Bilancio. Negli altri sette attueremo meglio la programmazione europea. I soldi ci sono, ma bisogna metterli a terra e capire cosa farci”.
In una intervista a “La Repubblica” il ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano, assicura che “il Sud non è una terra dimenticata, ma la vera emergenza nazionale. Ecco perché in manovra abbiamo trasformato il principio teorico del 34% in norma di legge valida ex ante, non come controllo a posteriori. D’ora in poi un terzo di tutti gli investimenti nazionali andrà al Sud, in proporzione alla sua popolazione”.
In una intervista a “La Repubblica” il ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano, assicura che “il Sud non è una terra dimenticata, ma la vera emergenza nazionale. Ecco perché in manovra abbiamo trasformato il principio teorico del 34% in norma di legge valida ex ante, non come controllo a posteriori. D’ora in poi un terzo di tutti gli investimenti nazionali andrà al Sud, in proporzione alla sua popolazione”.
“Gli investimenti dobbiamo tornare a farli noi – spiega il ministro – Veniamo da un ventennio di disimpegno nel Sud. In manovra stanziamo 1,5 miliardi di risorse fresche nel solo 2020. Per la capitalizzazione delle imprese che abbiamo chiamato ‘Cresci al Sud’. Per il credito d’imposta. Per le infrastrutture sociali come la costruzione di asili nido, scuole, presidi sanitari. E per le aree interne”. E ancora: “Riformiamo l’Agenzia per la coesione. La riportiamo alle origini, vicina ai territori. E ci concentriamo su cinque direttrici di intervento: scuola, innovazione, infrastrutture, ambiente, Zone economiche speciali”
“Rifiuto la definizione di Sud come deserto industriale – continua Provenzano – A Mola di Bari si producono componenti che vanno su Marte. Ma veniamo da sette anni di recessione e la ripresa debolissima non è riuscita a sanare le ferite dell’austerità. Il governo però si è mosso bene. Dobbiamo superare il tabù dell’intervento pubblico, se questo significa affiancare il privato per trasformare l’ex Ilva nello stabilimento leader in Europa per la produzione di acciaio verde. E tutelare i risparmi della Popolare di Bari oltre a favorire la nascita di una banca pubblica per gli investimenti”. Quanto al reddito di cittadinanza, chi vuole cancellarlo “probabilmente non ha mai parlato con chi mette insieme pranzo e cena grazie a quel sostegno. Ma la misura va profondamente rivista per correggere le storture, coinvolgendo gli attori sociali, separando gli obiettivi di contrasto alla povertà e attivazione al lavoro. Il reddito da solo non crea posti. Per quello servono gli investimenti”.
Redazione Calabria 7