di Sergio Pelaia – Le elezioni regionali del 3-4 ottobre saranno le prime, nella storia della Calabria, con la doppia preferenza: chi si reca alle urne potrà votare due candidati/e della stessa lista a patto che siano di genere differente. Questa innovazione legislativa, avviata – con grande ritardo e dopo numerosi solleciti e altrettante polemiche – proprio nella consiliatura che si sta per concludere anticipatamente, porta con sé un’ulteriore novità, le quote di genere (o quote rosa): nelle liste è obbligatorio che ci sia almeno il 40% di candidati di genere differente.
La legge e l’inganno
La legge e l’inganno
Secondo molti si tratta di una norma di civiltà per garantire l’accesso alle donne in un mondo, quello della politica, storicamente dominato dagli uomini. Secondo altri è una forzatura che fa passare in secondo piano la competenza a favore dell’appartenenza di genere. Ognuno ha la sua opinione, ma al momento appare chiaro come, in Calabria, dopo aver fatto la legge sia stato trovato il proverbiale inganno. In molti casi, infatti, la necessità di trovare la quota prevista per legge di candidature femminili si è tradotta nell’inserimento di mogli, figlie, cugine, cognate. Quelli che citiamo sono solo alcuni casi e va detto, a scanso di equivoci, che diverse delle persone in questione per curriculum ed esperienza politica non dovrebbero aver bisogno di un’imposizione normativa per farsi spazio nella classe dirigente regionale. Però è un fatto che siano anche parenti di big della politica che in qualche modo spesso utilizzano le loro congiunte per mantenere un posto al sole.
Figlie d’arte
È di ieri la notizia, confermata da Mimmo Tallini, della candidatura di Silvia Parente, figlia del più noto Claudio, nella casella che doveva essere occupata dal padre. Più datata è invece la successione dinastica crotonese per cui Flora Sculco è subentrata al padre Enzo, ha già fatto due legislature e ora si appresta, dai banchi del centrosinistra, a provare a entrare in quelli della sponda opposta attraverso la lista dell’Udc. Per chiudere il capitolo delle figlie d’arte pare sia in dirittura d’arrivo l’accordo per la candidatura di Katya Gentile, già vicesindaca di Cosenza e figlia dell’intramontabile Pino, in virtù di un accordo bifamiliare con l’aspirante governatore Roberto Occhiuto e il fratello Mario. Nel collegio reggino potrebbe invece essere candidata la dirigente scolastica Giusi Princi, cugina del deputato forzista Francesco Cannizzaro.
Da una casato all’altro
Come moglie (e nuora) appartenente a un altro casato cosentino dovrebbe poi farsi spazio, sempre nel centrodestra, Luciana de Francesco, consorte del vicepresidente del consiglio regionale uscente Luca Morrone, a sua volta figlio di Ennio. Guardando al Pd è invece descritto come granitico, già da giorni, il posto in lista di Aquila Villella, che è docente universitaria e ha una certa esperienza in politica – è stata anche candidata al Senato nel 2018 – ma ha anche la fortuna di essere la cognata di colei che guida la sua coalizione, Amalia Bruni. Ancora più a sinistra c’è Paola Saccomanno, candidata pro de Magistris nella lista “Calabria resistente e solidale” e sorella di Francesco, storico e instancabile attivista di Rifondazione comunista.
I maschi fanno peggio
Ripetiamo: sono solo esempi, magari se ne scopriranno altri alla consegna – domani alle 12 – delle liste. E soprattutto dire che queste donne siano imparentate con qualche big della politica calabrese non significa per forza sminuirne il ruolo, le competenze e l’esperienza, ma è un fatto e come tale va raccontato. Senza tacere nemmeno che presunti casi di familismo sono perfettamente riscontrabili tra i maschi – Piercarlo Chiappetta, cognato di Mario Occhiuto e in predicato per un posto in lista, docet – che, anzi, quasi sempre riescono a fare peggio.