Morì all’ospedale Jazzolino di Vibo, condannati tre medici

I tre medici in servizio non si sarebbero accorti della presenza in addome di una massa, poi risultata essere un aneurisma
Tribunale Penale Collegiale di Vibo Valentia

Il Tribunale penale di Vibo Valentia ha condannato a un anno ciascuno di reclusione pena sospesa G.B, G.M e A.B. per avere, in cooperazione colposa tra loro, causato la morte del dottor Massimo Prestia, avvenuta il 17 aprile 2014. Più nello specifico i sanitari, tutti medici in servizio all’epoca dei fatti nell’ospedale di Vibo Valentia “G. Iazzolino” non si sarebbero accorti – visitando il dottor Prestia che si era recato al Pronto Soccorso il 14 aprile 2014 in preda a violenti dolori addominali – della presenza in addome di una massa, poi risultata essere un aneurisma. L’emorragia massiva derivata dalla rottura dell’aneurisma aveva poi determinato la morte del dottor Massimo Prestia il 17 aprile 2014.

I sanitari sono stati condannati, altresì, in solido tra loro e in solido con l’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia, responsabile civile, a risarcire il danno nei confronti dei prossimi congiunti del dottor Prestia, costituitisi parte civile, da quantificarsi in separata sede processuale nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva in favore delle medesime parte civili.

I sanitari sono stati condannati, altresì, in solido tra loro e in solido con l’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia, responsabile civile, a risarcire il danno nei confronti dei prossimi congiunti del dottor Prestia, costituitisi parte civile, da quantificarsi in separata sede processuale nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva in favore delle medesime parte civili.

Le parti civili, moglie e figli del dottor Massimo Prestia, sono state difese dall’avvocato Carlo Petitto del Foro di Catanzaro il quale, raggiunto telefonicamente, ha dichiarato che “i familiari del dottor Prestia, mio tramite, intendono precisare di non essersi costituiti in giudizio contro qualcuno ma solo per contribuire fattivamente all’accertamento della verità dei fatti. Verità alla quale si è finalmente giunti dopo sette tribolati e lunghi anni. L’auspicio dei miei rappresentati è che ciò che è tragicamente occorso al loro congiunto non abbia mai più a verificarsi”.

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