Napolitano e Messina Denaro? Per il prete di Mazara del Vallo “erano fratelli, prego per entrambi”

Il sacerdote ha deciso di ricordarli entrambi nel corso della messa celebrata oggi, pregando indistintamente per entrambi

Pendono non meno di 20 vite sulle spalle di Matteo Messina Denaro, stando alle sentenze dei tribunali che l’hanno processato, tra cui quella del piccolo Giuseppe Di Matteo.
E, tra le altre cose, è stato condannato per la strage di Capaci, in cui morì il giudice Giuseppe Falcone, e per quella di via D’Amelio, in cui rimase ucciso il giudice Paolo Borsellino, e per gli attentati del 1993 a Roma, Firenze e Milano.
Eppure, don Giuseppe Alcamo, uno dei preti di Mazara del Vallo, è riuscito a trovare qualcosa che leghi la scomparsa del superboss di Cosa nostra con quella dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nulla di terreno, chiaramente, ma a legare le due anime ci sarebbe semplicemente la stessa sorte: quella di dover comparire davanti a Dio per rispondere dei loro peccati. Per questo, oggi, durante la messa, il sacerdote ha pregato per entrambi, decidendo di ricordarli entrambi nel corso della messa.

Le parole di don Giuseppe Alcamo

“A distanza di poche ore – scrive don Giuseppe Alcamo – sono morti a questa vita terrena Giorgio Napolitano e Matteo Messina Denaro. Il primo si è donato alla politica, ha servito lo Stato italiano in tanti, tantissimi ambiti e per lungo tempo, fino ad arrivare a essere garante della Costituzione e della Libertà, da Presidente della Repubblica. Gli siamo grati per tutto quello che di buono ha fatto per il bene comune.
Il secondo si è donato al malaffare e alla violenza, è stato un pericoloso delinquente che ha procurato morte, dolore, paura, terrore, al punto da essere identificato con tutti i mali che affliggono la Sicilia e l’Italia. Non possiamo essergli grati, assolutamente no.
Mentre i giornali ne parleranno ancora per qualche giorno e poi saranno entrambi archiviati per essere dimenticati, io credo che per loro inizia una nuova tappa della loro vita, caratterizzata dalla vera verità che nulla archivia e nulla dimentica. Nella fede, credo fermamente che entrambi si sono presentati al cospetto di Dio, per rendere ragione del loro operato e delle loro scelte, delle loro azioni e delle loro motivazioni, per chiedere misericordia e perdono.
Mentre, noi siamo portati, in base al proprio punto di vista, a santificare l’uno e condannare l’altro o viceversa, davanti a Dio non ci saranno santificazioni o condanne facili e sommarie.
Il Giudizio di Dio è veramente giusto. Il giudizio di Dio non è parziale e non è influenzabile. Dio non guarda dall’esterno ma dall’interno della vita e del cuore, e sa collocare fatti e misfatti dentro una visione esistenziale globale e totale.
Con questa professione di fede in Dio giusto e misericordioso, voglio semplicemente dire, da educatore cristiano, che nessuno può ergersi a giudice delle persone, ma solo delle azioni che le persone compiono. E, le azioni sono sempre determinate dalle motivazioni che possono illuminare o oscurare la mente e il cuore.
La Chiesa, alla luce del Vangelo, mi ha insegnato a distinguere il peccato dal peccatore. Mentre il peccatore lo affida alla misericordia di Dio, il peccato lo detesta, lo condanna e si impegna ad educare per non relativizzarlo. Mi viene difficile dirlo, ma devo dirlo, per me Giorgio e Matteo sono entrambi fratelli per cui pregare, e facendo violenza a me stesso, oggi nella celebrazione eucaristica li ricorderò insieme, perché credo fermamente che io non sono migliore di nessuno e che Dio è padre di misericordia di tutti”.

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