Naufragio migranti nel Crotonese, trovata la 66esima vittima: è un bambino

Il corpo del piccolo, presumibilmente dell'età di 5 o 6 anni, è stato recuperato quando già era buio nelle acque di Steccato di Cutro
migranti calabria

Proseguono senza sosta le ricerche dei dispersi. Ieri l’ultimo ritrovamento. E’ un bambino la 66esima vittima del naufragio avvenuto all’alba di domenica 26 febbraio sulle coste del Crotonese. Il corpo del piccolo, presumibilmente dell’età di 5 anni, è stato recuperato quando già era buio nelle acque di Steccato di Cutro. Continuano nel frattempo le operazioni di identificazione. Le salme, secondo il comunicato del Centro coordinamento soccorsi istituito alla Prefettura di Crotone, corrispondono attualmente a 28 persone, di cui 25 afghani, 1 pachistano, 1 palestinese, 1 siriano. Provengono da Afghanistan, Pakistan, Palestina, Siria, Iran e Somalia i migranti tratti in salvo. Tra questi 14 minorenni, alcuni dei quali ancora ricoverati all’ospedale San Giovanni di Dio di Crotone, altri accolti al Cara di Isola di Capo Rizzuto. Nella giornata odierna, si fa rilevare, la Prefettura di Crotone ha previsto l’apertura della camera ardente al PalaMilone della città pitagorica.

“Nessuno ha chiamato i soccorsi”

“Nessuno ha chiamato i soccorsi”

“Gli accordi erano che ci avrebbero fatto sbarcare in sicurezza sulla terraferma in Italia e avrebbero atteso il giorno 26 febbraio 2023 perché era domenica e le previsioni erano di mare mosso quindi sarebbe stato improbabile incontrare controlli di motovedette italiane”. Lo ha raccontato uno dei superstiti del naufragio di Steccato di Cutro alla Polizia giudiziaria nell’ambito dell’indagini che ha portato al fermo di tre scafisti.

“Quando l’imbarcazione è stata fermata noi migranti impauriti dalle condizioni del mare volevamo che venissero già chiamati i soccorsi ma gli stessi 4 componenti dell’equipaggio per tranquillizzarci ci hanno mostrato l’iPad raffigurante la rotta e la distanza della nostra posizione fino alla terraferma specificando che volevano far trascorrere quelle ore per poterci sbarcare nel cuore della notte per eludere i controlli di polizia. Erano circa le ore 21 del 25 febbraio” ha spiegato il migrante.

“Poi – aggiunge – abbiamo ripreso la navigazione e dopo circa 7 ore siamo arrivati vicino la costa. Neanche in questa occasione nessuno, sebbene glielo avessimo chiesto, ha chiamato i soccorsi. Nel frattempo le condizioni del mare erano peggiorate tanto che ci hanno permesso di lasciare la stiva e salire in coperta”.

“Così, erano le 4 o le 5, ho potuto scorgere dalla costa quelle che sembravano delle segnalazioni luminose e i quattro, pensando che fossero poliziotti, hanno fermato la navigazione cercando di cambiare rotta e modificare il punto di approdo. In questa circostanza ho sentito i quattro chiamare qualcuno forse per farsi venire a prendere. Dopo il cambio di rotta le onde alte hanno iniziato a far muovere e piegare l’imbarcazione sino a quando improvvisamente la barca ha urtato contro qualcosa e ha iniziato a imbarcare acqua e inclinarsi su un fianco. Io mi trovavo in coperta insieme ad altre persone – conclude – mentre tante altre si trovavano ancora nella stiva”.

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