Veri e propri ‘patti mafiosi’, “volti a garantire gli accordi imprenditoriali per infiltrare l’economia romana”. Lo scrive il gip di Roma Gaspare Sturzo nell’ordinanza cautelare nel quale descrive il modo in cui la ‘ndrangheta locale ha infiltrato il territorio romano. Per tutti e 26 i destinatari della misura cautelare, “sussistono i gravi indizi cautelari, dal punto di vista soggettivo ed oggettivo come indicati dall’accusa”, scrive il giudice.
Le mani degli Alvaro su Roma
Le mani degli Alvaro su Roma
Tra gli arrestati anche i due boss Domenico Carzo e Vincenzo Alvaro. E’ evidente come “sussista anche l’aggravante dell’agevolazione mafiosa contestata – aggiunge il gip Sturzo – quanto al voler favorire l’associarsi di soggetti pluripregiudicati o già collegati con esponenti mafiosi calabresi della ‘ndrangheta con Vincenzo Alvaro, capo del locale di ‘ndrangheta capitolino anche nella costola alvariana, senza mai far figurare la presenza formale dello stesso, o quella degli stessi soci consapevoli della necessità di impiegare prestanome”.
“L’analisi sopra compiuta consente di dire come gli intestatari formali – prosegue il giudice – per ragioni di parentela o di provata vicinanza storica, fossero anche a conoscenza delle persone di cui erano prestanome e teste di legno nella gestione societaria e delle ragioni per cui erano stati utilizzate come mezzi di occultamento necessari”.
Il boss: “Troviamo uno zingaro a cui intestare le società”
“Bisogna trovare un polacco, un romeno, uno zingaro a cui regalare 500/1.000 euro a cui intestare sia le quote sociali e le cose e le mura della società”. Lo dice il boss Vincenzo Alvaro a un’altra persona nel corso di un dialogo intercettato e riportato nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Gaspare Sturzo che ha portato a 26 arresti.
“Poi tutte queste cose – prosegue il dialogo tra i due indagati – che dicono e ti attaccano sono tutte minchiate… io ho fatto un fallimento di un miliardo e mezzo e ho la bancarotta fraudolenta… mi hanno dato tipo l’articolo 7 e poi mi hanno arrestato… mi hanno condannato… e ancora devo fare l’appello… vedi tu… è andato in prescrizione… le prescrizioni vanno al doppio delle cose…”. L’inchiesta, a cui hanno partecipato, oltre alla Dia, carabinieri, polizia e militari della Guardia di Finanza, è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.
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