‘Ndrangheta al Nord Italia, processo Aemilia 1992: quattro ergastoli e un cold case risolto

La sentenza fa luce sugli omicidi che hanno interessato non solo l'Emilia Romagna ma anche la Lombardia e la Calabria negli anni 1990/2000

Quattro ergastoli nell’appello di ‘Aemilia 1992’, uno dei filoni del maxiprocesso alla ‘Ndrangheta emiliana. E’ un ribaltamento, a favore dell’accusa, della sentenza del tribunale di Reggio Emilia che aveva condannato solo il boss Nicolino Grande Aracri, assolvendo gli altri tre imputati. La Corte di assise di appello di Bologna, presieduta da Orazio Pescatore, ha invece accolto le ragioni e le richieste della Procura generale, rappresentata dalla sostituta pg Lucia Musti e dalla pm della Dda Beatrice Ronchi, applicata anche in secondo grado.

Gli omicidi

Gli omicidi

Si discuteva dell’accusa di omicidi volontari, premeditati e aggravati dal metodo mafioso di Nicola Vasapollo, 33enne di Cutro, assassinato il 21 settembre 1992 a Reggio Emilia e di Giuseppe Ruggiero, 35enne cutrese, ammazzato da quattro uomini travestiti da carabinieri il 22 ottobre ’92 a Brescello, sempre nel Reggiano. Un ‘cold case’ riaperto di recente, con arresti nel 2017 e nuove accuse. In primo grado a Reggio Emilia Grande Aracri era stato giudicato mandante per l’omicidio Ruggiero, mentre per l’altro era stato assolto per “non aver commesso il fatto” e assolti erano stati anche gli altri tre imputati, Angelo Greco, Antonio Lerose, Antonio Ciampà. Ora sono stati tutti condannati e per Grande Aracri e Ciampà è stato deciso anche l’isolamento diurno per un anno. Disposti risarcimenti alle parti civili, il Comune di Brescello e Libera. Al centro del processo c’era la faida tra le cosche rivali Vasapollo-Ruggiero e Dragone-Grande Aracri-Ciampà-Arena.

Le reazioni

“E’ una sentenza importante, utile per scrivere la storia di omicidi che hanno interessato non solo l’Emilia Romagna ma anche la Lombardia e la Calabria negli anni 1990/2000“, ha commentato la pg Musti, al termine. “La sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello scrive una pagina importante per la storia della comunità di Brescello. La Cassazione, alla quale posso immaginare gli imputati ricorreranno, ci dirà se è una pagina definitiva”, dice l’avvocato Salvatore Tesoriero, difensore di parte civile per il Comune di Brescello. “Al di là del risarcimento, che ovviamente è dovuto di fronte a fatti così gravi – dice – il valore della presenza di un Comune come parte civile nel processo è dato dalla partecipazione, in contraddittorio, alla ricostruzione dei fatti. Il Comune ha il dovere civico di presidiare i luoghi nei quali si ricostruisce un pezzo di storia della propria comunità”, aggiunge.

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