‘Ndrangheta, beni per 2 milioni sequestrati a esponente clan Pesce

imprenditore catanzaro

Beni per due milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia di Reggio Calabria a Vincenzo Pesce, 67enne di Rosarno (RC), considerato esponente di spicco dell’omonima cosca egemone, unitamente a quella dei Bellocco, nel comune del Reggino. Pesce ha riportato 2 condanne definitive per reati di associazione per delinquere semplice e mafiosa commessi negli anni 1980 e 1989 e a seguito dei quali era già stato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale per la durata di tre anni.

Recentemente è stato coinvolto nell’Operazione “‘Ndrangheta Banking”, condotta, nel mese di giugno 2014, dal centro operativo Dia di Reggio Calabria unitamente ai Carabinieri del Ros e coordinata dalla Procura della Repubblica al Tribunale Ordinario di Reggio Calabria che aveva portato alla scoperta di un sistema creditizio parallelo attraverso cui le cosche calabresi erogavano prestiti a tassi usurari a imprenditori calabresi e lombardi in difficoltà.

Recentemente è stato coinvolto nell’Operazione “‘Ndrangheta Banking”, condotta, nel mese di giugno 2014, dal centro operativo Dia di Reggio Calabria unitamente ai Carabinieri del Ros e coordinata dalla Procura della Repubblica al Tribunale Ordinario di Reggio Calabria che aveva portato alla scoperta di un sistema creditizio parallelo attraverso cui le cosche calabresi erogavano prestiti a tassi usurari a imprenditori calabresi e lombardi in difficoltà.

Le indagini

Nel contesto investigativo sarebbe emerso che Pesce, quale personaggio di spicco del clan “Pesce-Bellocco”, operava come dominus di fatto dell’impresa individuale “Maduli Biagio Francesco”, a cui favore, forte del rapporto con Vincenzo Carmine Barbieri, altro imprenditore considerato colluso con la ‘ndrangheta, era stato aggiudicato un appalto indetto dal Comune di Rosarno, relativo ai lavori di manutenzione delle strade comunali per un importo pari a 40.000 euro, non secondo logiche di libero mercato ma nel rispetto delle dinamiche oligopolistiche tipiche delle organizzazioni di tipo mafioso. Il 27 febbraio 2018, con sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio diventata definitiva, Pesce è stato condannato a 4 anni di reclusione per il reato di intestazione fittizia dei beni con l’aggravante di aver agevolato la ‘ndrangheta.

Grazie agli accertamenti patrimoniali svolti dagli uomini della Dia reggina, sarebbe stata anche accertata che Pesce aveva la disponibilità di due aziende intestate a prestanome al fine di agevolare gli interessi illeciti della ‘ndrangheta nonché un’ evidente sproporzione tra i redditi dichiarati e dal suo nucleo familiare, rispetto agli investimenti effettuati nel tempo. Il patrimonio sequestrato consiste in 2 società operanti nel settore costruzioni di edifici e smaltimento rifiuti solidi non pericolosi 8 immobili, tra cui un capannone con uffici aziendali di rilevanti dimensioni e diversi terreni agricoli, 10 beni mobili registrati di cospicuo valore aziendale, tra cui diverse macchine operatrici semoventi, un rimorchio, un semirimorchio, diversi autocarri ed una autovettura e rapporti finanziari aziendali.

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