‘Ndrangheta, boss calabrese operativo grazie ai microtelefoni “dei cinesi”

Detenuto nella sezione alta sicurezza del carcere di Lanciano, era comunque pienamente operativo grazie a microtelefoni "dei cinesi"
carcere omicidio

I guai per il seregnese Umberto Cristello stavolta arrivano dalla Procura di Brescia per i suoi legami con il presunto boss Umberto Bellocco, classe 1983, figura rampante delle cosche di ‘ndrangheta di Rosarno che, dal carcere, rivendicava il possesso di un appartamento di via Sandro Pertini a Cesano Maderno, al centro di una delle accuse mosse dalla procura bresciana, che nei giorni scorsi ha eseguito 17 arresti nella zona di Brescia e in Lombardia (con altre decine effettuati in un’inchiesta collegata condotta a Reggio Calabria).

L’accusa mossa a Cristello, già condannato in secondo grado a 17 anni per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso (imputazione che in primo grado non era stata riconosciuta), è di concorso esterno alla ‘ndrangheta, poiché avrebbe fornito “costante contributo logistico per la vita dell’associazione mafiosa” condotta da Bellocco in vari modi; tra questi, avrebbe “fatto da intermediario nelle comunicazioni di Umberto Bellocco (che impartiva ordini dal carcere servendosi di telefonini, ndr.) con altri sodali”. Nell’inchiesta denominata Ritorno, risulta indagata a piede libero anche Nunzia Cammareri, con residenza ufficiale a Cesano Maderno e domicilio a Mariano Comense, figlia di un esponente della ‘ndrangheta già coinvolto nell’indagine Infinito del 2010. Nei confronti della donna, nel dicembre di due anni fa, è stato eseguito un provvedimento interdittivo antimafia da parte dei carabinieri della compagnia di Seregno, in relazione alla società Ncdp srl (nella quale le prime due lettere rappresentano le iniziali della Cammareri stessa, e le altre quelle del suo compagno), società attiva nel noleggio di veicoli a lungo e a breve termine.

L’inchiesta Ritorno

Dall’inchiesta è emerso che Bellocco, detenuto nella sezione alta sicurezza del carcere di Lanciano, era comunque pienamente operativo grazie a microtelefoni “dei cinesi” che gli consentivano di impartire direttive ai suoi sodali. Un sistema andato avanti per molto tempo, emerso grazie alla collaborazione tra le Procure antimafia di Brescia e di Reggio Calabria che hanno ricostruito il sistema con cui il presunto reggente della cosca Bellocco si riforniva di apparecchi telefonici, sim sicure e falsi profili social con cui interagire su internet, avvalendosi della collaborazione di un esponente del clan Spada, egemone sul litorale di Ostia. Scrive il gip di Brescia, Francesca Grassani, a proposito di Bellocco: «Nonostante il suo stato detentivo, continua imperterrito a gestire i suoi accoliti e gli affari del gruppo lombardo, e anche reclama a gran voce il suo ruolo di capo clan, sia con omologhi di altre consorterie (Umberto Cristello), sia rispetto ai rosarnesi».

La vicenda di Cristello

Dunque il ruolo di Cristello risulterebbe decisivo, secondo gli inquirenti bresciani, nelle attività illecite dirette da Bellocco (le accuse contestate a vario titolo sono di associazione a delinquere, estorsione, intestazione fittizia di beni). Cristello è un cognome che segna la storica presenza della ‘ndrangheta a Seregno e Giussano. Suo fratello, Rocco Cristello, è stato ucciso in un agguato mafioso il 27 marzo 2008 a Verano Brianza. Nel 2012 è stato arrestato e di seguito condannato a 4 anni e e 8 mesi per traffico di droga. Nel 2020 finisce nuovamente in carcere con l’accusa di essere a capo della locale di ‘ndrangheta di Seregno-Giussano. Bellocco e Cristello si sarebbero conosciuti durante un comune periodo di detenzione nel carcere di Bergamo, nei primi anni 2000. Secondo Bellocco, Cristello nel 2006 gli aveva fatto arrivare un bigliettino nel quale si “metteva a disposizione”, qualora avesse avuto bisogno di qualcosa. Per gli inquirenti, Cristello avrebbe fatto da collante tra Bellocco, della potente cosca di Rosarno, e altri sodali al nord, durante la detenzione del primo. Gli avrebbe, per esempio, fornito una scheda telefonica, con il tramite di Nunzia Cammareri. Questa, secondo quanto emerso, risulta essere stata legata sentimentalmente a Bellocco, almeno fino al 2018. Due anni prima, risulta l’interessamento di Bellocco stesso all’appartamento di Via Pertini a Cesano, che considerava casa sua, e che non aveva intenzione di perdere, nonostante fosse stato messo all’asta. Allo scopo di mantenere il bene nella disponibilità della cosca, due brianzoli, figli di un coindagato, si sarebbero prestati a fare da prestanome, allo scopo di eludere le misure del tribunale di prevenzione, per acquisire l’immobile all’asta. Per questo gli inquirenti ipotizzano il reato di intestazione fittizia di beni. (Prima Monza)

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