‘Ndrangheta, droga, rapine e vaglia falsi: gip rigetta richiesta di 73 arresti

Vaglia e titoli venivano falsificati e riscossi da persone che si presentavano sotto falso nome agli sportelli degli istituti di credito

Mancanza del “requisito dell’attualità delle esigenze cautelari”. Per questo motivo il gip di Reggio Calabria, Vincenzo Quaranta, come Corriere dalla Calabria, ha rigettato la richiesta di 73 arresti, 51 in carcere e 22 ai domiciliari, fatta dalla Direzione distrettuale antimafia che adesso, contro la decisione del giudice, ha presentato appello al Tribunale del riesame, davanti al quale la relativa udienza è stata fissata per il 5 luglio. L’appello è stato sottoscritto dal procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dai pm Antonella Crisafulli e Domenico Cappelleri. Gran parte dei reati contestati nell’inchiesta, denominata “Biro”, risalgono al periodo tra il 2017 ed il 2018. Le indagini hanno portato alla scoperta da parte dei carabinieri di una presunta associazione per delinquere finalizzata a un traffico di droga tra Bovalino (Reggio Calabria) e Sommatino (Caltanissetta).

Vaglia falsificati

Vaglia falsificati

Un altro filone investigativo riguarda reati contro il patrimonio, ed in particolare furti ai danni degli uffici postali con l’utilizzo di materiali esplodenti. Un terzo troncone di indagini si é occupato di alcune truffe messe a segno tra Roma e la Calabria. Grazie ad alcuni dipendenti di Poste italiane presunti corrotti l’organizzazione criminale avrebbe acquisito i dati relativi a titoli bancari ed a vaglia postali, non ancora incassati, dai rispettivi beneficiari. Vaglia e titoli che poi venivano falsificati e riscossi da persone che si presentavano sotto falso nome agli sportelli degli istituti di credito.

Il pericolo di reiterazione del reato

Secondo la Dda di Reggio Calabria, “risulta assolutamente evidente come il gip si sia limitato a una lettura dei soli capi di imputazione, omettendo di differenziare tra le posizioni, come sarebbe stato doveroso in considerazione della gravità dei fatti contestati, della personalità degli indagati emersa dall’indagine e opportunamente evidenziata nella richiesta di emissione delle ordinanze di custodia cautelare. Il giudice, inopinatamente – sostengono ancora i pm – confonde la data di commissione dei reati contestati o di accertamento degli stessi con l’attualità delle esigenze cautelari. Se il gip avesse letto la richiesta di misura o le informative di polizia giudiziaria non avrebbe potuto non considerare concreto e attuale il pericolo di reiterazione del reato rispetto ai numerosi indagati che, nel corso dell’intera indagine, hanno dimostrato di possedere un’accentuata pericolosità sociale desunta dalle modalità delle singole condotte che hanno evidenziato, fra l’altro, una grande professionalità e spregiudicatezza sul piano criminale”.

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