‘Ndrangheta e chiesa, Gratteri: “Legame forte”. I media? “Un’arma di difesa”

Il procuratore di Catanzaro ha presentato il suo ultimo libro a Nicotera. "Sono spesso criticato perché vado continuamente in televisione. Io ci vado perché la gente deve essere informata"
Il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri ha presentato il suo ultimo capolavoro a quattro mani con Antonio Nicaso, “Non chiamateli eroi”, nella piazza di Nicotera. Nel dialogo con la giornalista di Rai News24 Angela Caponnetto, il magistrato ha disquisito dei rapporti stretti tra ‘ndrangheta e Chiesa: “In questo ultimo libro raccontiamo un secolo e mezzo di episodi che vedono preti e vescovi in rapporti con la ‘ndrangheta. Molti camminavano armati perché avevano paura di essere ammazzati. Negli anni ’70 diversi sacerdoti poi uccisi camminavano con un milione di lire in tasca”.

L’aneddoto del vescovo “corrotto”

Per rinsaldare il concetto, Gratteri intrattiene il pubblico con un significativo aneddoto: “Spesso un vescovo mi chiedeva il motivo dei numerosi arresti. Io gli risposi chiedendogli, a mia volta, il motivo delle mangiate che spesso faceva a casa del capo-mafia”. ‘Vado a recuperare la pecorella smarrita’, mi disse. Io gli risposi che se la pecorella non si ravvede mai, l’effetto di queste visite è una legittimazione delle sue azioni. Forse sarebbe stato più opportuno recarsi a casa di un contadino. Da quel momento in poi, il vescovo non è più venuto a trovarmi”.
Il magistrato fa comunque notare che “la situazione in Calabria, grazie a Papa Francesco, sta migliorando notevolmente. Nel Sud, la Chiesa ha un potere molto forte: nei piccoli paesi i sacerdoti hanno seguito, votano e fanno votare. Avere un prete che investe il suo tempo nella cura dei giovani è una fortuna, discorso diverso per uno che invece pensa solo al suo potere”.

Il rapporto con i media

Presenti all’evento, organizzato dal gruppo “Dopo le 22” anche le vittime di ‘ndrangheta: dall’imprenditore Carmine Zappia a Sara Scarpulla e Ciccio Vinci che hanno perso il figlio Matteo a Limbadi con un’autobomba e solo per l’accaparramento di un pezzo di terra da parte di alcuni esponenti della famiglia Mancuso. Assieme alla giornalista Caponnetto, il procuratore Gratteri ha analizzato il suo intenso rapporto con i media. “Sono spesso criticato perché vado continuamente in televisione – ha affermato. Più me lo dicono e più io ci vado, perché la gente deve sapere e deve essere informata. Molti giornalisti hanno l’ossessione di Gratteri e i loro pezzi sono composti dall’80% di notizie false. Io ho nervi di acciaio e spalle larghe, continuo per la mia strada perché ho una grande responsabilità con migliaia di uomini che lavorano per la Procura di Catanzaro. La comunicazione è la mia unica arma di difesa. Non faccio parte di nessuna corrente, non ho partiti alle mie spalle ma ho la possibilità di andare in trasmissioni importanti per parlare di fenomeni e soluzioni ai problemi”.
Poche conferenze stampa, solo per casi che riguardano direttamente l’interesse pubblico e a parlare dovrà essere solo il procuratore capo. Si concentra in sostanza su questi tre principi il decreto legislativo sulla presunzione di innocenza, conseguenza del recepimento della direttiva Ue sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Su questo punto, Gratteri non nasconde il suo scetticismo: “Dov’è il sindacato dei giornalisti? A me non interessa granché, vado in conferenza stampa per raccontare il sacrificio di centinaia di forze dell’ordine. E’ giusto che chi non può parlare venga rappresentato e gli sia data la giusta gratificazione”. (a.b.)

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