di Gabriella Passariello – Sono state rideterminate in appello le condanne per i quattro imputati, coinvolti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro “Pietranera”, che il 7 dicembre 2017 ha portato la Squadra mobile del capoluogo di regione ad eseguire 7 misure cautelari nei confronti di capi e gregari della cosca Gallelli di Badolato, ritenuti responsabili di numerosi episodi estorsivi, aggravati dalle modalità mafiose, a carico di un’impresa agricola appartenente ad una nota famiglia di latifondisti, i baroni Gallelli di Badolato, costituitisi parte civile e rappresentati dall’avvocato Michele Gigliotti. La Corte di appello di Catanzaro, presidente Antonio Giglio, a latere Maria Rosaria Di Girolamo e Pietro Scuteri, hanno sentenziato sconti di pena rispetto alla conferma della sentenza di primo grado, richiesta dal sostituto procuratore generale Marisa Manzini e sentenziata il 13 novembre 2020 dal Tribunale collegiale di Catanzaro, presidente Carmela Tedesco, a latere Antonella De Simone e Francesco Rinaldi, che all’epoca avevano anche stabilito quattro assoluzioni, non appellate dalla Dda.
Pene ridotte rispetto alle richieste del magistrato
Pene ridotte rispetto alle richieste del magistrato
In particolare i giudici di secondo grado hanno sentenziato per Vincenzo Gallelli, alias Cenzo Macineju, 6 anni di reclusione e 5 mila euro di multa (il pg aveva invocato in aula 11 anni di reclusione e 11mila euro di multa); per Antonio Gallelli, 6 anni di reclusione e 5mila euro di multa (il pg aveva chiesto 9 anni e 9mila euro di multa); per Francesco Larocca, 4 anni di reclusione e 3.333 euro di multa, (il magistrato aveva invocato 7 anni e 7mila euro di multa), con il riconoscimento delle attenuanti generiche e infine per Giuseppe Caporale, 6 anni e 5 mila euro di multa (di contro il pm aveva chiesto 8 anni di reclusione e 8mila euro di multa). I giudici di secondo grado hanno confermato le statuizioni civili e condannato gli imputati alla refezione delle spese sostenute dalla parte civile, che si liquidano in complessivi 1.600 euro, oltre accessori di legge. Per tutti gli imputati l’aggravante mafiosa era già crollata in primo grado. Gli avvocati Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Vincenzo Maiolo Staiano e Domenico Pietragalla, nonostante le forti riduzioni di pena, attenderanno il deposito delle motivazioni della sentenza, previsto tra novanta giorni, per ricorrere in Cassazione.
Le attività di indagine
Le attività investigative, condotte dalla Squadra Mobile di Catanzaro, coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno permesso di accertare che il capo cosca Vincenzo Gallelli, 79 anni, sin dai primi anni ’90 avrebbe imposto la “guardiania” sulle proprietà della nota famiglia di Badolato, fissando inoltre le modalità di sfruttamento dei terreni, costringendo di anno in anno gli imprenditori a concedere pascolo ed erbaggio ai propri familiari, nipoti e pronipoti, impedendone il libero sfruttamento commerciale da parte dei legittimi proprietari. La pressante condizione di assoggettamento ed omertà imposta ai titolari dell’azienda agricola, realizzata anche con sistematici danneggiamenti alle strutture dell’impresa, li avrebbe costretti a modificare e rivedere, termini e condizioni contrattuali stabiliti con altri operatori agricoli, la cui presenza doveva rappresentare una sorta di argine alle pretese e ai condizionamenti di Vincenzo Gallelli.