di Gabriella Passariello- Cinque condanne a pene comprese tra i 12 anni e 4 anni di reclusione sono stati chiesti dal pm della distrettuale di Catanzaro per gli atti intimidatori compiuti per circa un anno, da febbraio a dicembre 2020, ad Amaroni, Borgia, Squillace, e in altri territori dell’entroterra Catanzarese nei confronti di imprese impegnate nell’esecuzioni di lavori stradali, nella posa di cavi elettrici ed esercenti attività commerciali. Il magistrato Debora Rizza ha invocato nei confronti di Gennaro Felicetta, di Catanzaro, 12 anni, sei mesi di reclusione e 11mila euro di multa; Danilo Vitellio, di Catanzaro, 10 anni e 7mila euro di multa; Vincenzo Tolone, di Girifalco, 8 anni e 6mila euro; Francesco Bongarzone, di Catanzaro, 3 anni, 4 mesi e 3mila euro di multa e Rocco Mungo, di Valleforita, 6 anni e 6mila euro di multa. Il gup Paola Ciriaco, per gli imputati, giudicati con rito abbreviato e accusati a vario titolo di estorsione tentata e consumata, violenza privata e detenzione abusiva di armi, reati aggravati dalla mafiosità, ha aggiornato l’udienza al prossimo 11 luglio, giorno delle arringhe difensive dei legali difensori.
Gli atti intimidatori per ottenere le tangenti
Gli atti intimidatori per ottenere le tangenti
Secondo le ipotesi di accusa, Felicetta e Vitellio avrebbero posizionato due cartucce di fucile di calabro 12 all’interno del piazzale di accesso di una azienda di Amaroni e nelle sedi di due imprese edili riconducibili a due fratelli, per costringerli “ a mettersi a posto” per i lavori in corso. Una frase eloquente che, a giudizio degli inquirenti, significa pagare una mazzetta pari al 5 % del valore del singolo appalto e la vittima avrebbe sborsato a titolo di acconto mille euro. Stesso “scenario” messo in atto anche da Francesco Bongarzone e Vincenzo Tolone in concorso nei confronti di un’impresa con sede a Cotronei e delegata ai lavori di potenziamento della linea elettrica per conto della società Enel sul cavidotto lungo il tratto stradale Amaroni- Vallefiorita con la minaccia di bruciare i mezzi per costringere la ditta al pagamento di ulteriori 10mila euro a titolo estorsivo, quale prezzo necessario a garantire “la tranquillità ambientale” nell’attività di impresa. Fatti aggravati dall’aver agevolato il sodalizio mafioso della famiglia Bruno di Vallefiorita.