‘Ndrangheta ed estorsioni nel Crotonese, il ruolo del figlio del boss e le infiltrazioni nella sanità

I particolari dell'inchiesta della Dda di Catanzaro. I nomi delle persone arrestate dai carabinieri: chi va in carcere e chi ai domiciliari

L’indagine dei carabinieri che questa mattina ha portato all’arresto di sei persone, tre in carcere e tre ai domiciliari, ruota intorno alla figura del 39enne Nicola Comberiati, figlio di Vincenzo Comberiati, capo storico dell’omonima cosca mafiosa di Petilia Policastro che estende le sue ramificazioni nelle aree limitrofe fino al comune di Cotronei, nella Sila crotonese.

I nomi degli arrestati

I nomi degli arrestati

Nicola Comberiati è finito in carcere insieme a Pietro Curcio, 39enne di Cotronei, e a Robert Oliveti, 66enne di Cotronei, proprietario di alcune strutture sanitarie ubicate nel comune silano. Ai domiciliari, invece, Marianna Poerio, 48enne di Cotronei, moglie di Oliveti; Salvatore Rachieli, 65 anni, di Cotronei, e Younes El Kharchi, 38enne marocchino residente a Petilia Policastro. Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione, usura. 

Il ruolo del figlio del boss

“Le risultanze investigative – scrive il gip Antonio Battaglia nell’ordinanza cautelare emessa su richiesta della Dda di Catanzaro – consentono di definire in modo compiuto la figura di Nicola Comberiati in seno all’articolazione della ‘ndrangheta denominata Locale di Petilia Policastro. Emerge, infatti, il ruolo che il Comberiati esercita sul territorio petilino e di Cotronei denotando un potere criminale notevole; in particolare, per quanto attiene ai fatti di cui è procedimento, egli definiva le strategie criminali e dava disposizioni ai propri collaboratori ai fini della loro realizzazione: programmava la commissione di reati in danno specialmente di imprenditori e professionisti, stabilendo, di fatto, le concrete modalità di attuazione di detti delitti”. Nello specifico l’indagine – puntualizza il gip Battaglia – ha permesso di accertare “le influenze operate dalla cosca sulle strutture sanitarie ricadenti nella ‘giurisdizione’ territoriale sottoposta al controllo della fazione criminale, attraverso una vera e propria attività di infiltrazione, realizzata anche grazie ai legami con Robert Oliveti”.

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