Operazione Declino

‘Ndrangheta, favorirono la latitanza del boss Crea a Ricadi: 8 arresti. C’è anche Luigi Mancuso (NOMI)

L'operazione denominata "Declino" fa luce sulla latitanza vibonese del boss di Rizziconi catturato nell'agosto del 2019 dopo quattro anni di ricerche

Nella giornata di venerdì 11 agosto, il personale della Polizia di Stato di Reggio Calabria ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, a carico di 8 persone – indiziate, a vario titolo, (allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari e fatte salve diverse valutazioni nelle fasi successive), dei reati di associazione mafiosa, favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, aggravati dalle finalità mafiose. Oltre ai destinatari dei provvedimenti restrittivi, nel procedimento penale risultano indagati, in stato di libertà, ulteriori 7 persone per i soli reati di favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, aggravati dalle finalità mafiose.

Luce sulla latitanza del boss a Ricadi

Luce sulla latitanza del boss a Ricadi

Le indagini, condotte da personale della Squadra Mobile e dall’attuale Sezione Investigativa Sco di Reggio Calabria sotto le direttive della Procura della Repubblica hanno permesso, in particolare, attraverso numerosi servizi tecnici di intercettazione, di individuare i presunti appartenenti alla cosca Crea di Rizziconi, che si sono occupati, tra le altre cose, di gestire la latitanza di Domenico Crea, 41 anni, catturato dalla Polizia di Stato a Ricadi, in provincia di Vibo Valentia, il 2 agosto del 2019, dopo oltre 4 anni di latitanza. Al momento della cattura, Domenico Crea, ritenuto reggente del sodalizio in ragione dello stato di detenzione del padre Teodoro e del fratello Giuseppe, quest’ultimo arrestato dopo oltre un decennio di irreperibilità, era ricercato per diversi provvedimenti restrittivi tra i quali figurava una condanna ad oltre 21 anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione. Per come emerso dalle indagini la latitanza di Domenico Crea era protetta da una articolata rete di fidati sodali, tra i quali Domenico Pillari (che si è avvalso della fattiva collaborazione del figlio Giovanni) e Rocco Versace, già condannati in passato per aver favorito la latitanza dell’anziano boss Teodoro, che al contempo si occupavano di garantire l’operatività del sodalizio attraverso la veicolazione di messaggi verso esponenti di altre articolazioni criminali, fornendo ausilio ed appoggio all’allora giovanissimo Teodoro Crea, successivamente tratto in arresto nel corso dell’operazione Nuova Narcos Europea, interponendosi nelle trattative di compravendita dei terreni storicamente condizionata dai diktat mafiosi.

Il ruolo del boss Luigi Mancuso e del suo braccio destro

In ordine alla circostanza che Domenico Crea abbia trascorso gran parte della sua latitanza in provincia di Vibo Valentia, le indagini hanno evidenziato il coinvolgimento di Luigi Mancuso e Pasquale Gallone, condannati nei mesi scorsi, in primo grado, nell’ambito del processo Rinascita-Scott, rispettivamente alla pena di anni 21 e di anni 20 di reclusione, il primo perché ritenuto al vertice dell’omonima consorteria ed il secondo quale elemento apicale della cosca di Limbadi. Nella presente indagine risultano attinti, pertanto, da misura cautelare per aver favorito la latitanza di Domenico Crea, almeno fino al mese di dicembre 2018. A mantenere i rapporti con Mancuso e Gallone, allora liberi, era ancora Domenico Pillari, attraverso la mediazione dell’indagato Antonino Rottura.

L’omicidio del fratello del pentito

Tra i destinatari della misura cautelare figurano anche Rocco Versace e Francesco Candiloro, già detenuti in quanto tratti in arresto nel mese di ottobre del 2021, nell’ambito di indagini condotte dalla Direzione Distrettuale antimafia di Ancona, perché ritenuti coinvolti nell’omicidio di Marcello Bruzzese (fratello del collaboratore Girolamo Biagio Bruzzese) avvenuto il 25 dicembre del 2018 a Pesaro. Proprio per tale fatto di sangue, Francesco Candiloro, in primo grado è stato condannato, in abbreviato, alla pena dell’ergastolo, mentre per Versace è in corso il processo con rito ordinario.
L’assassinio di Marcello Bruzzese, così come ulteriori progetti di attentato, per i quali Candiloro, sempre ad ottobre del 2021, è stato attinto da un fermo di indiziato di delitto disposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia, sono ritenuti, sulla base del quadro indiziario acquisito, azioni ritorsive rientranti nel programma criminoso della cosca Crea. Per tali ragioni veniva avviato un proficuo scambio informativo ed un coordinamento investigativo con le Direzioni distrettuali antimafia di Brescia ed Ancona, che permetteva di arricchire e consolidare il quadro indiziario, anche con le dichiarazioni di due degli indagati del procedimento bresciano, che nel frattempo manifestavano la volontà di collaborare con la giustizia, confermando l’ipotesi che l’omicidio Bruzzese e gli ulteriori propositi omicidiari scaturivano da ordini impartiti dai vertici della cosca Crea. Per le stesse motivazioni, veniva avviato un coordinamento investigativo anche con la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta dal Procuratore Nicola Gratteri, titolare di procedimenti relativi ad ulteriori fatti delittuosi inquadrati nel programma criminoso della cosca Crea, per i quali la Procura di Catanzaro, ha richiesto ed ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare che è stata eseguita nelle scorse ore, contestualmente ai provvedimenti emessi dal gip reggino.        Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Reggio Calabria, oltre all’esecuzione delle misure restrittive, sono state eseguiti anche diversi decreti di perquisizione, in particolare a carico degli indagati in stato di libertà. La fase finale dell’operazione è stata supportata da personale dalle Squadre Mobili di Bologna, Nuoro e Vibo Valentia e dalle Scico di Milano, Catanzaro e L’Aquila, da equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine e dal Gabinetto Polizia Scientifica.

I nomi degli arrestati

  1. Domenico Pillari detto “Mimmo” nato a Rizziconi il 13/05/1965;
  2. Giovanni Pillari nato a Polistena il 30/11/1993,
  3. Rocco Versace detto “Rocco ‘u Gemellu” nato a Taurianova il 31/10/1967;
  4. Antonino Rottura detto “Nino” nato a Rizziconi il 08/08/1961;
  5. Salvatore Tripodi nato a Cinquefrondi il 15/01/1993;
  6. Francesco Candiloro, nato a Polistena (RC) il 6.1.1979;
  7. Pasquale Gallone nato a Nicotera (VV) il 30/08/1960, già detenuto per altra causa, per i reati di favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, aggravati dalle finalità mafiose;
  8. Luigi Mancuso nato a Limbadi (VV) il 16/03/1954, già detenuto per altra causa, per il reato di favoreggiamento personale, aggravato dalle finalità mafiose.

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