‘Ndrangheta, imprenditore ridotto a vivere in una roulotte: “Volevo farla finita”

Il falegname si trova in disgrazia dopo aver perso ogni suo bene, costretto nel corso degli anni a prestare quasi mezzo milione di euro a Domenico Multari
'Ndrangheta, imprenditore ridotto a vivere in una roulette: "Volevo farla finita"

Costretto a vivere in una roulotte dopo avere trascorso perso la casa. E’ la triste storia del settantenne Bruno – nome di fantasia per tutelarne l’identità -, imprenditore dell’Alta padovana oggi costretto a vivere in un camper poichè finito in rovina per avere accettato l’“aiuto” di Domenico Multari, elemento di spicco della cosca del boss ndranghetista cutrese al Nord. Gheddafi, questo il nomignolo, è stato arrestato l’ultima volta nel 2019 dopo un’indagine coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia.

Mezzo milione

Mezzo milione

In seguito è stato confermato il risarcimento dei danni concesso dalla sentenza di primo grado della Corte d’Appello al falegname, oggi in disgrazia dopo aver perso ogni suo bene, costretto nel corso degli anni a prestare complessivamente quasi mezzo milione di euro al sopracitato Multari. Il boss della cosca Grande Aracri nel 2020 gli ha versato una provvisionale di 330mila euro a titolo di anticipo sul risarcimento definitivo che dovrà essere quantificato nel corso di un apposito processo civile ancora in corso.

“Ho pensato al suicidio”

Dopo l’operazione dell’Antimafia che ha portato Multari in galera, Bruno ha raccontato di essersi sentito finalmente libero: “Quando ho saputo degli arresti – riferisce in un’intervista su Il Gazzettino -, mi sarei ubriacato per la felicità. È come se avessi vinto al lotto. Nessuno si può immaginare quello che ho passato. Avevo intenzione anche di farla finita. Per due volte. E lo stavo per fare. Poi dopo gli arresti sono finalmente uscito da questa casa senza aver paura. In roulotte ho vissuto un anno – racconta ancora Bruno – con addosso i vestiti e le coperte che avevo d’inverno. Anche a meno sette gradi.

Mia moglie se n’è andata. I miei figli nemmeno mi guardavano. Tutti pensano che io avessi gozzovigliato e fatto chissà che cosa. E invece ero una vittima. All’inizio ero serramentista, poi ho continuato con l’arredo. Poi l’arrivo di quell’uomo che mi ha preso tutto e mi ha distrutto la famiglia e la vita”. Con fatica, successivamente, l’imprenditore dopo quell’arresto è riuscito a fare qualche passo avanti. Eppure, nessuno mai, potrà ridargli gli anni persi tra terrore e povertà. (Foto d’archivio)

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