‘Ndrangheta, la difesa di Nicolino Gioffrè ci riprova: “Sta male, va scarcerato”

Di Gabriella Passariello- Dopo diverse istanze al gip e al Riesame, ci riprovano i legali di Nicolino Gioffrè, ritenuto dagli inquirenti il referente su Catanzaro del clan di ‘ndrangheta degli Arena di Isola Capo Rizzuto, a strapparlo delle sbarre di Napoli Secondigliano, dove si trova attualmente detenuto per associazione a delinquere di tipo mafioso. I legali Salvatore Staiano ed Anna Marziano difensori dell’imputato, condannato in primo grado alla pena di 13 anni e 4 mesi di reclusione nell’ambito dell’inchiesta della Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri, nome in codice Jonny , che ha sgominato le cosche del Crotonese, hanno proposto appello al Tribunale del riesame contro il provvedimento con cui il gip ha ripristinato, in luogo degli arresti domiciliari concessi per l’emergenza Coronavirus la misura cautelare in carcere, come richiesto dal sostituto procuratore Antimafia Domenico Guarascio.  Un appello che punta sulle precarie condizione di salute di Gioffrè, affetto da una serie di patologie. “Se è pur vero che la sostituzione da parte del gip della misura  teneva conto della attuale emergenza sanitaria causata dal diffondersi del Covid-19, è altrettanto vero che ciò che veniva posto in rilievo, non era soltanto l’impossibilità, da parte degli istituti penitenziari, di scongiurare al detenuto il contagio da infezioni, ma che le stesse in qualsiasi forma si fossero manifestate avrebbero comportato il verificarsi di eventi infausti”.

Per la Dda: “Compatibile con il carcere”

Per la Dda: “Compatibile con il carcere”

La Dda nel motivare la richiesta di ripristino della misura cautelare in carcere, oltre a ribadire che i domiciliari sono stati concessi solo per l’emergenza Coronavirus, permanendo le originarie esigenze cautelari per aver agevolato una cosca di ‘ndrangheta, si è basata sulla relazione sanitaria dell’istituto penitenziario di Cagliari (il carcere dove Gioffrè si trovava ristretto prima del trasferimento a Secondigliano). Una relazione che mette in evidenza come le condizioni cliniche dell’imputato non sono incompatibili con lo stato di detenzione. Proprio in virtù dell’emergenza Covid-19, il Dap ha comunicato autonomamente che Nicolino Gioffrè avrebbe potuto essere associato nella casa circondariale di Napoli Secondigliano, sede dotata di ampia offerta specialistica e avvalersi all’occorrenza delle strutture sanitarie pubbliche della città di Napoli, così come nei fatti poi è avvenuto.

La difesa: “Va scarcerato”

Ma i difensori di Gioffrè nell’atto di appello sottolineano come: “in sede istruttoria veniva conclamata  inidoneità ai fini della compatibilità carceraria sia della Casa circondariale di Cagliari che di quella di Secondigliano, dotate delle stesse strutture mediche e degli stessi presidi infermieristici. Per i legali tanto la Procura, che ha chiesto la riattivazione della massima misura, quanto il gip, che l’ha disposta, non  hanno fatto alcun riferimento nelle loro motivazioni alle attuali condizioni di salute del detenuto che, nel breve periodo di detenzione domiciliare, “ha potuto riprendere le dovute cure, ad opera del presidio ospedaliero “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, completamente disattese dai sanitari penitenziari, in costanza di detenzione”.

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