Pene dai due ai dodici anni di reclusione sono state inflitte dal gup del Tribunale di Milano Guido Salvini a 18 imputati che hanno scelto il rito abbreviato nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “Medoro”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo e messa a segno dai carabinieri del Ros nei confronti di diversi vibonesi ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, narcotraffico ed estorsioni. La condanna più pesante (12 anni di reclusione e 60mila euro di multa) è stata disposta nei confronti di Luigi Aquilano, 45 anni, di Nicotera, genero del boss Antonio Mancuso (difeso dall’avvocato Paride Scinica). Per lui la pubblica accusa aveva chiesto 18 anni di carcere. Il giudice non ha riconosciuto l’associazione mafiosa e la maggior parte delle pene sono state dunque ridimensionate rispetto alla richiesta formulata dall’ufficio di Procura. Ha retto invece l’aggravante del metodo mafioso. Aquilano, secondo il gup Salvini, malgrado i suoi presunti legami col clan Mancuso (atti trasmessi ai pm di Catanzaro), si sarebbe mosso in autonomia, senza creare a Milano una “articolazione” della cosca di Limbadi e senza dover ottenere mai “l’approvazione” per agire della “casa madre” in Calabria.
Il verdetto
Il verdetto
Queste le altre condanne (tra parentesi la richiesta della Dda): 5 anni e 4mila euro di multa Giorgio Mariani, 65 anni, di Milano (l’accusa aveva invocato 12 anni); 2 anni e 4 mesi per Damiano Aquilano, 39 anni, di Milano (il pm aveva chiesto 3 anni); 4 anni e 16 mila euro di multa per Giuseppe D’Angelo, 44 anni, di Nicotera (3 anni e 8 mesi) e per Rosario D’Angelo, 39 anni, di Nicotera (3 anni e 8 mesi); 3 anni e 6 mesi più 16 mila euro di multa per Paolo Mesiano, 47 anni, di Mileto (3 anni e 8 mesi); 3 anni e quattro mesi e 16 mila euro di multa per Fortunato Palmieri, 38 anni, di Mileto (3 anni e 3 mesi); 2 anni e 8 mesi più 16 mila euro per Massimiliano Mazzanti; 4 anni e 20 mila euro per Nicola La Valle, 53 anni, nativo di Reggio Calabria (12 anni la richiesta del pm); 3 anni e 6 mesi più 12 mila euro di multa per Antonio Messineo, 42 anni, di Locri (12 anni); 4 anni e 16 mila euro di multa per Vito Scravaglieri, 48 anni di Nova Milanese (3 anni e 8 mesi); 4 anni e 16 mila euro di multa per Alessandro Marangi, 52 anni, di Milano (3 anni); 2 anni e 8 mesi Francesco Orazio Desiderato, 49 anni, di Nicotera (9 anni); 2 anni e 8 mesi per Giovanni Vecchio, 65 anni, di Nicotera (7 anni); due anni per Cosimo Michele Iozzolino, 62 anni, di Corigliano Calabro (3 anni); 4 anni e 16 mila euro per Salvatore Comerci, 38 anni, di Nicotera (14 anni); 2 anni e 8 mesi per Luciano Lioniello, 47 anni residente a Ibiza (9 anni); 3 anni e 20 mila euro di multa per Nazzareno Calaiò, 44 anni di Milano (3 anni); 4 anni e 20 mila euro di multa per Alfred Lleshi (albanese); 4 anni e 16 mila euro di multa per Ylber Mezja (albanese); 5 anni e 24mila euro di multa per Giuseppe Di Giacco, 38 anni, di Badia di Limbadi, residente a Milano. Per quest’ultimo (difeso dall’avvocato Michelangelo Miceli) il pm aveva chiesto 14 anni ma oltre all’associazione mafiosa è caduta anche l’accusa di spaccio e di estorsione. Nel collegio difensivo erano impegnati, tra gli altri, anche gli avvocati Leopoldo Marchese, Giuseppe Di Renzo, Paride Scinica e Gianfranco Giunta.
Operazione “Medoro”
L’inchiesta è stata condotta dai Carabinieri del Ros sotto il coordinamento della Dda di Milano e ha riguardato un gruppo mafioso radicato in Lombardia e, in particolare, nella provincia di Milano, alleato e/o collegato alla cosca di ‘ndrangheta facente capo alla famiglia Mancuso di Limbadi. Secondo l’accusa, è stata documentata l’esistenza, sul territorio di Milano, di un gruppo criminale di matrice ‘ndranghetista, caratterizzato dallo stabile collegamento con la famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, alla quale alcuni degli indagati sono legati da vincoli di stretta parentela, nonché dalla commissione di un numero indeterminato di reati, che spaziano dal narcotraffico alle attività estorsive di recupero credito tramite violenze e minacce. Il gruppo ha inoltre dimostrato la capacità di estendere la propria forza di intimidazione anche al di fuori dei confini nazionali, in particolare, alle Isole Baleari.
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