‘Ndrangheta nel Vibonese, il neo pentito e gli affari degli Stillitani: “Il referente? Scarpuni. Voti in cambio del potere su tutto”

Dalle intimidazioni agli affari sui villaggi turistici, allo scambio elettorale: le inedite rivelazioni del pentito Accorinti alla Dda
pentito clan

Dalle ambasciate alle intimidazioni al villaggio turistico Club Med, alle guardanie, ai rapporti con gli Stillitani, al dominio su Briatico. Il neo collaboratore di giustizia Antonio Accorinti, detto Fragulaja, di 43 anni, continua a parlare con la Dda di Catanzaro e nell’interrogatorio del 26 giugno scorso conferma le poche dichiarazioni rese il 19 maggio, di non essere battezzato, né formalmente affiliato, ma di far parte del gruppo ‘ndranghetistico di Briatico, con un ruolo marginale almeno fino al 2007, perché suo padre, il boss Nino, aveva deciso di tenerlo fuori da quell’ ambiente. Uno scenario che muta con l’esecuzione dell’operazione Odissea, perché per sua stessa ammissione, una serie di episodi lo convincono a entrare a pieno titolo nella criminalità organizzata. Fin da piccolo aveva visto Giuseppe Accorinti frequentare suo padre, come aveva visto anche Francesco Barbieri, Antonio La Rosa, Pasquale Quaranta, Nazzareno Colace, molto vicini a Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni.

La geografia criminale nella provincia di Vibo

La geografia criminale nella provincia di Vibo

Il pentito da giovane riconosceva in Giuseppe Bonavita, il vero boss di Briatico, successivamente però capisce che in realtà a comandare era suo padre. Il collaboratore di giustizia davanti ai magistrati Antonio De Bernardo e Irene Crea ammette di aver avuto sempre contezza dell’esistenza a Briatico di una struttura ‘ndranghetistica che gestiva il paese, un gruppo criminale composto oltre che da Giuseppe Bonavita e da suo padre, anche da Armando Bonavita, Giacomo Borello, Marco Borello, Saverio Prostamo, Salvatore Muggeri. Tutti gli altri personaggi che frequentavano il boss Nino Accorinti erano appartenenti alla criminalità organizzata, ma attivi in altri comuni della provincia e il collaboratore di giustizia ne delinea la mappa criminale: Francesco Barbieri e Antonino Barbieri, il cui figlio è stato battezzato da suo padre Nino, sono referenti per la zona di Pannaconi, Peppone Accorinti su Zungri, Nazzareno Colace per la zona di Portosalvo e Vibo Marina, Raffaele Flamingo su Rombiolo, Pasquale Quaranta su Santa Maria di Ricadi e Antonio La Rosa per la zona di Tropea. Sulla figura di Francesco Mancuso Tabacco, il collaboratore di giustizia riferisce che avrebbe voluto suo padre “dalla sua parte”, invito rispedito al mittente, perché il boss di Briatico sarebbe stato rimasto fedele solo a Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, mentre sulla famiglia Niglia afferma: “per quanto ne so non erano inizialmente schierati con noi, ma con Francesco Mancuso Tabacco, coi Melluso e i Tripodi”.

Gli atti intimidatori e le ritorsioni

Il pentito racconta che quando fu eseguita l’operazione Odissea, vennero arrestati suo padre e Peppe Accorinti e in quel periodo era uscito Ciccio Barbieri. Poco dopo gli arresti venne incendiato un garage della Baia della Rocchetta di proprietà di un marchese, una struttura dove lavorava suo zio, fratello di sua madre, il quale venne a trovarlo per informarlo “che avrebbe risolto la questione. Andai quindi accompagnato da mia madre, nella campagna di Barbieri. Preciso che conosco molto bene Francesco Barbieri, era vicino alla nostra famiglia, tra l’altro mio padre ha provveduto al suo sostentamento durante gli anni in cui era detenuto. Francesco Barbieri mi disse subito che ad incendiare il garage era stato Giuseppe Pugliese di Sciconi e mi suggerì di andargli a sparare. Andai quindi da Francesco Giuseppe Bonavita il quale mi confermò l’identità dell’autore dell’incendio. Capii allora che i due stavano tramando alle mie spalle, ma soprattutto alle spalle di mio padre, sicuramente perchè a loro non andava bene il fatto che mio padre fosse cresciuto molto economicamente”.

Poco dopo avvenne la sparatoria al Club Med, un segnale di allarme, stava per succedere qualcosa contro il gruppo di Briatico “infatti giravano sempre armati. A seguito di questi episodi minatori, andai a Nicotera a parlare con Tita Buccafusca, ricordo che c’era il fratello che mi assicurò che se la sarebbero vista loro. Quando tornai a Briatico venne da me Bonavita a chiedermi se fosse successo qualcosa ed io per mettergli paura, gli dissi di essere andato a parlare a Nicotera. Quella sera stessa, mi convocò Bonavita per cercare di capire chi fosse stato a sparare al Club Med. Ci recammo quindi nel cortile dell’Eden Park dove erano presenti Francesco Barbieri e Nicola Fusca, i quali mi chiesero il motivo per cui fossi andato a Nicotera. Quando capirono che anche noi eravamo armati, Barbieri mi tranquillizzò dicendomi di essere amico di mio padre e mi chiese di fare un’azione al Club Med, perché U Biondu, (così loro chiamavano Pantaleone Mancuso Scarpuni ndr) non avrebbe dovuto intromettersi in questa vicenda in quanto in quel territorio erano competenti altre persone, non mi dissero quali, ma io sapevo che si riferiva agli Anello e ai Vallelunga” .

I rapporti con gli Stillitani

Poi l’incontro del pentito con Damiano Vallelunga al Tribunale di Vibo e la conferma che Luni U Biondu si stava allargando ingiustamente nelle loro zone, “tuttavia mi tranquillizzò, dicendomi che non ce l’aveva con mio padre che per lui era come un fratello”.  Accorinti riferisce che quando il padre venne scarcerato nel 2007 ed era sottoposto a restrizioni, era lui a portare per suo conto le imbasciate a Pantaleone Mancuso Scarpuni, la sola autorità criminale che il padre in quel momento riconosceva. I messaggi veicolati riguardavano l’assegnazione di lavori a ditte compiacenti nei vari villaggi turistici.  L’interrogatorio si focalizza sulla gestione del Club Med , alla cui costruzione  aveva partecipato la sua famiglia, contribuendo a realizzare alla fine degli anni ’90 tutto l’impianto elettrico del secondo blocco, rimarcando che all’epoca per questi lavori era anche coinvolto Guastalegname, Franco Barba gestiva tutta la parte relativa alla carpenteria, mentre sulle ditte che dovevano partecipare alla costruzione del Club Med decideva esclusivamente Scarpuni, questo sarebbe stato il motivo del risentimento di Vallelunga. In seguito era Saverio Prostamo, uomo di fiducia del boss Nino, sempre per conto di suo padre, a scegliere le ditte da far entrare nel villaggio, delegato alla questione relativa alle assunzioni al Club, alla guardania “e si confrontava direttamente con il dottore Stillitani, il fratello del sindaco, il fratello dello Stillitani impegnato in politica”, precisando che Stillitani faceva riferimento a Pantaleone Mancuso Scarpuni, nel caso in cui avesse subito pressioni o danneggiamenti: “Stillitani si rivolgeva al nostro gruppo e noi ci attivavamo per sistemare le cose e garantire protezione. Riferisco queste cose per averle vissute personalmente. Noi avevamo inoltre creato società commerciali  che traevano beneficio dall’indotto delle attività connesse al villaggio turistico. Salvatore Muggeri e Saverio Prostamo, per esempio, avevano una ditta di autonoleggio di macchine, io avevo l’esclusiva per i trasporti verso le Isole Eolie”.

“Voti in cambio di ditte a noi gradite e assunzione di personale”

Il pentito ammette di aver appoggiato con il suo gruppo per le elezioni regionali, il politico  Stillitani e che era stato Prostamo a coinvolgerli nella raccolta dei voti su richiesta dell’ex consigliere regionale. “Quando ci arrivarono i volantini, mio padre provò a contattare tutti i componenti del gruppo di Pantaleone Mancuso, quando parlo del gruppo di Pantaleone Mancuso, mi riferisco a personaggi come Pappajanni e Palumbo per portare i voti a Stillitani, ma poi scoprimmo che questi non si erano mai impegnati per favorirlo. Una volta riportai una ambasciata su tale circostanza a Scarpuni per conto di mio padre e ricordo che Scarpuni reagì rivolgendo delle brutte parole nei confronti dei componenti del suo guppo. Noi decidemmo di appoggiare gli Stillitani, perché tale richiesta per noi costituiva un vero e proprio dovere, dovevamo difatti ricambiare i favori ricevuti per il Club Med”, precisando che alla richiesta di appoggio elettorale  ci si attivava non a fronte di uno specifico compenso, ma nel contesto del complesso rapporto che c’era con i fratelli Stillitani. “Era sostanzialmente una situazione analoga a quella che c’era con il marchese, al quale garantivamo protezione senza necessità di specifici compensi in relazione a  singoli favori, ma al potere che ci derivava dall’avere il controllo morale su di lui, sui suoi beni e attività. Allo stesso modo l’appoggio elettorale a Stillitani era già compensato dalla possibilità che noi avevamo, in forza del rapporto di protezione, di inserire ditte a noi gradite e lavoratori all’interno del Club Med”.   

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