‘Ndrangheta nel Vibonese, il summit durante il matrimonio e i diktat del super boss Luigi Mancuso

L'autorità del boss sarebbe stata espressa, tra le altre cose, mediante un suo eventuale intervento diretto nel risolvere le controversie tra le varie locali di 'ndrangheta
'ndrangheta vibonese

Un matrimonio “utilizzato” per svolgere un summit di ’ndrangheta nel corso del quale il boss Luigi Mancuso avrebbe dettato davanti ai presenti la linea da seguire per evitare di incorrere nelle forze dell’ordine e nella Dda. È il 5 ottobre del 2019, e in una nota struttura di Ricadi si tiene il ricevimento – alla presenza del capo del Crimine vibonese – di Francesco Barbieri, cugino dello sposo, nonché alla guida, dopo la cattura di Peppone Accorinti, della Locale di Zungri. Il giovane però non vede Mancuso quale onesto interlocutore, pur riconoscendone l’astuzia nelle relazioni criminali tanto da appellarlo “la volpe siberiana”. Una diffidenza che sarebbe dettata dal timore che il boss possa agire contro i suoi interessi, ma la paura di essere arrestati è più grande.

I diktat di Luigi Mancuso e la politica unitaria

I diktat di Luigi Mancuso e la politica unitaria

Nel corso dell’incontro, sarebbero emerse le disposizioni che Mancuso dà ai suoi subordinati affinché la ‘ndrangheta vibonese adotti una unica politica espressione di un sistema unitario che possa, quanto più possibile, allontanare i riflettori dell’autorità giudiziaria. Da parte sua, Barbieri avrebbe lasciato intendere al boss e agli altri conversanti di trovarsi d’accordo con quanto disposto dal suo superiore gerarchico, riferendo che, qualora “non fossero adottate le giuste precauzioni e non vengano fatti i giusti chiarimenti, avrebbero fatto il “gioco” della Dda, riferendosi inequivocabilmente alle attività di indagine condotte dal pool della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

“Potrebbero dare gusto a Nicola…”

Un commento che sarebbe stato “pienamente condiviso” da Mancuso il quale aggiungeva che, qualora non si fossero ricomposti internamente e pacificamente i dissidi di volta in volta sorti fra le diverse strutture di ndrangheta, si sarebbe lasciato spazio di manovra alla predetta compagine inquirente”. Ritenute, quindi, inequivocabili le parole del boss rivolte a Barbieri (“Comportati perbene e fai il bravo! Eh!? Facciamo tutti i bravi!”) e quelle che, facendo riferimento a dissidi fra sodali avrebbero chiamato in causa il procuratore capo Nicola Gratteri: “Potrebbero dare gusto a Nicola…”.

L’autorità del boss

L’indiscussa autorità di Luigi Mancuso sarebbe stata espressa, tra le altre cose, mediante un eventuale suo intervento diretto nel dirimere le controversie tra le varie locali di ‘ndrangheta ma anche nel ritenere che le vittime di estorsioni abbiano cambiato atteggiamento e pertanto mette in guardia i sodali: “… omissis… l’interessante è, non dovete… non facciamo abusi nei confronti delle persone… …omissis… …perché noi ci dobbiamo far volere bene, perché… …omissis…. …una volta pagavano soldi e magone! Ora pagano soldi per non vederci… …omissis…”. In buona sostanza il boss rileva un cambiamento nell’animus delle vittime delle loro estorsioni e, lasciandosi andare ad una riflessione, relativa alle dinamiche interne della struttura criminale, arriva ad asserire che la collettività degli “amministrati” in passato aderiva alle richieste estorsive sia per senso di lealtà nei confronti dell’associazione sia per paura delle conseguenze.

L’evidente scollatura tra affiliati e comunità

Oggi, in ragione di una differente consapevolezza sul fenomeno criminale da parte delle vittime, secondo Mancuso, coloro i quali subiscono le richieste estorsive vedono diversamente tale fenomeno, comprendendone l’ingiustizia e rintracciandone Io scopo di allontanarli dalle loro proprietà. Una marginalizzazione della struttura criminale che allarma il boss di Limbadi, dal momento che rappresenta una evidente scollatura tra affiliati e comunità, con una conseguente diminuzione del consenso sociale da sempre connaturato alle strutture di ‘ndrangheta sul territorio. Il “volere bene alla gente”, riferito dal monitorato, ha lo scopo di dissimulare un’azione amichevole nei confronti dei consociati, idonea a celare l’ingiustizia delle condotte messe in atto nei confronti delle vittime e di tutta la comunità, nonché a riunire i consociati a far fronte ai comuni progetti della struttura criminale”.

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