Don Italo Calabrò, il “prete degli ultimi”, è vivo accanto a tutti i reggini: la comunità di Reggio Calabria ne serba uno struggente, commovente ricordo come emblema di quella “Chiesa sociale” che ha saputo occuparsi di Archi come dello Zen come di Scampia, e spesso assai meglio di quanto abbiano dimostrato di sapersene occupare le Istituzioni civili.
Il 16 giugno, l’Arcidiocesi Reggio Calabria-Bova (arcivescovo, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini) celebrerà i 30 anni dalla scomparsa del sacerdote coraggioso ed empatico che dall’attenzione verso gli ultimi, verso i poveri, verso le persone sole trasse la sua celebre massima: “Nessuno escluso, mai”.
Il 16 giugno, l’Arcidiocesi Reggio Calabria-Bova (arcivescovo, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini) celebrerà i 30 anni dalla scomparsa del sacerdote coraggioso ed empatico che dall’attenzione verso gli ultimi, verso i poveri, verso le persone sole trasse la sua celebre massima: “Nessuno escluso, mai”.
Alle 18 di martedì 16 in Cattedrale avrà luogo una Santa Messa in suffragio, che sarà trasmessa anche in diretta su Facebook. Tutto, naturalmente, nel rispetto delle prescrizioni anti-Covid.
Il trentennale dalla morte sarà comunque occasione per ricordare il sacerdote ma anche l’educatore (nell’Azione cattolica e poi nella Fuic), il parroco (per ben 15 anni a San Giovanni di Sambatello, la piccola frazione di Reggio Calabria dove poi decise d’essere sepolto) e il giudice del Ter, il Tribunale ecclesiastico regionale; ma forse soprattutto l’«amico dei poveri», l’indomito dirigente della Caritas, di cui fu uno dei cofondatori e per anni vicepresidente nazionale, e lo strenuo alfiere dell’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia.
Oltre che alla sua persona direttamente, la figura di don Italo Calabrò è poi fortemente collegata a due dei momenti di più intensa spiritualità mai vissuti a Reggio Calabria: le due visite di Karol Woytjla, papa Giovanni Paolo II, e specialmente la prima del 1984.