di Gabriella Passariello- Assolti perché il fatto non sussiste. Il gup del Tribunale di Catanzaro Pietro Carè ha scagionato tre imputati coinvolti nell’inchiesta sulle presunte distrazioni di beni che avrebbero portato al fallimento la Fervas srl, partecipata di Ferrovie della Calabria. Si tratta di Giuseppe Scali, difeso dall’avvocato Valerio Murgano, Giuseppe Lo Feudo, ex direttore di Ferrovie della Calabria, difeso dal legale Giuseppe Bruno e Santo Marazzita, assistito dal legale Gaetano Callipo. Il gup ha accolto le tesi difensive a sostegno dell’estraneità degli imputati ai fatti contestati, mentre la curatela fallimentare, costituitasi parte civile con l’avvocato Rosa Giorno, ha invocato la condanna per i tre accusati di bancarotta fraudolenta. La Procura, che in un primo momento aveva formulato al gip richiesta di rinvio a giudizio, al termine della requisitoria, in aula, ha fatto un passo indietro, chiedendo per tutti gli imputati l’assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
Le originarie ipotesi di accusa
Le originarie ipotesi di accusa
Secondo le originarie ipotesi di accusa, Scali presidente del Consiglio di amministrazione dal 20 dicembre 2005 al 10 giugno 2010 (lasciando in attivo il bilancio), Lo Feudo dal 10 giugno 2010 al 21 settembre 2012 e Santo Marazzita dal 21 settembre 2012 all’11 gennaio 2013, della Fervas srl (dichiarata fallita nel 2015 con sentenza del Tribunale di Catanzaro, impresa costituita il 20 dicembre 2015 attraverso conferimenti dei soci Ferrovie della Calabria srl, che vi partecipava in misura maggioritaria e Sav Autolinee Vibonesi in misura minoritaria), avrebbero distratto beni all’impresa o i ricavi derivanti dalla loro cessione. In particolare tra il 2007 e il 2013 in assenza di deliberazione del Consiglio di amministrazione “e non avendone il potere”, sempre secondo le originarie ipotesi di accusa, avrebbero aumentato i costi relativi ai dipendenti dell’azienda, attribuendo loro delle indennità in via aggiuntiva e non sostitutiva rispetto alla retribuzione dovuta, per un ammontare di 1.123.775, 85 euro, sostenendo le relative spese previdenziali per un importo di 213.843,80 euro. Inoltre dal 2006 al 2009, dopo aver aderito all’accordo tariffario “Bin Bus”, siglato con le altre imprese di trasporto, che prevedeva la vendita al pubblico di titoli di viaggio integrati nell’area di Cosenza, avrebbero suddiviso i relativi ricavi tra la Ferrovie della Calabria e la Fersav, destinando alla prima la maggior parte degli incassi e alla Fersav srl “solo una percentuale forfettaria e di fatto non corrispondente ai servizi della stessa pur resi”. Accuse venute meno alla luce del verdetto del gup, che ha assolto gli imputati con formula ampia.