Nuova aggressione a un medico del 118 a Paola, il sindacato: “Non è più possibile lavorare così”

Le croniche carenze, le mancanze di posti letto, le lunghe liste di attesa sono le cause delle violenze contro i medici: "La Regione non li tutela"

Ennesima aggressione ad un medico del 118 a Paola. E’ quanto denuncia Cosmo De Matteis, presidente nazionale emerito del Sindacato dei Medici Italiani (Smi). “Esprimiamo – dice l’ indignazione di tutta la categoria medica, per l’ennesima aggressione ad un medico, iscritto SMI, operante nella sua qualità di soccorritore del 118 . Il grave episodio è avvenuto in un contesto assurdo, ove il medico si era recato con l‘equipaggio su richiesta della centrale operativa. Da quanto riferito, sembrerebbe, che il paziente si fosse recato presso il pronto soccorso di Paola, già in precedenza, sempre con la stessa patologia, ossia dolori addominali e diarrea. Dopo i controlli del caso era stato dimesso, con le prescrizioni mediche”.

Secondo la ricostruzione del sindacato, dopo poche ore dalle dimissioni il paziente pare sia stato colto in un locale pubblico dalla medesima sintomatologia. Giunto sul posto il medico, verificata la situazione del paziente si  provvedeva a trasportalo al pronto soccorso, dal quale era stato dimesso in precedenza. A questo punto la vicenda assumeva dei contorni incredibili: “il figlio del paziente prima aggrediva verbalmente  e poi, ma questo sarà compito dei carabinieri accertare, anche fisicamente, l’incolpevole medico del 118 che si era limitato a fare il suo lavoro, ossia trasportare il soggetto in ospedale. Quindi del tutto estraneo ad ogni ulteriore accadimento”. Il medico in questione – riferisce il presidente dello Smi – è uno dei più esperti dei medici operanti nella Postazione Emergenza Territoriale (PET) di  Paola. “Stimato da molti cittadini, a cui molti sono grati per la sua azione professionale che spesso ha evitato tragiche conseguenze, come arresti cardiaci, prontamente risolti, o addirittura far partorire in ambulanza un neonato, quindi persona stimata ed apprezzata, mite e disponibile”.

Secondo la ricostruzione del sindacato, dopo poche ore dalle dimissioni il paziente pare sia stato colto in un locale pubblico dalla medesima sintomatologia. Giunto sul posto il medico, verificata la situazione del paziente si  provvedeva a trasportalo al pronto soccorso, dal quale era stato dimesso in precedenza. A questo punto la vicenda assumeva dei contorni incredibili: “il figlio del paziente prima aggrediva verbalmente  e poi, ma questo sarà compito dei carabinieri accertare, anche fisicamente, l’incolpevole medico del 118 che si era limitato a fare il suo lavoro, ossia trasportare il soggetto in ospedale. Quindi del tutto estraneo ad ogni ulteriore accadimento”. Il medico in questione – riferisce il presidente dello Smi – è uno dei più esperti dei medici operanti nella Postazione Emergenza Territoriale (PET) di  Paola. “Stimato da molti cittadini, a cui molti sono grati per la sua azione professionale che spesso ha evitato tragiche conseguenze, come arresti cardiaci, prontamente risolti, o addirittura far partorire in ambulanza un neonato, quindi persona stimata ed apprezzata, mite e disponibile”.

Appello alle istituzioni

Da qui l’appello alla magistratura affinché si accertino le responsabilità dell’accaduto senza guardare in faccia a nessuno: “Non è più possibile lavorare in queste condizioni e le gravi carenze della sanità calabrese non possono ricadere sui pochi operatori sanitari ancora rimasti nel servizio sanitario. Nella PET di Paola operano solo cinque medici con turni stressanti e con una incidenza di richieste triplicate in queste settimane. Chiediamo alla politica  e al Commissario Regionale per la Sanita, anziché discutere dell’ennesimo piano sanitario, di fatto irrealizzabile, in quanto mancano gli attori principali, ossia i medici, (quei pochi rimasti, viste peggiorare le condizioni lavorative ed economiche) preferiscono passare nel privato più remunerato e sicuro,  si provveda a garantire la sicurezza degli operatori, dotandoli di mezzi e strumenti idonei”.

Prognosi di 10 giorni per il medico aggredito

Il medico aggredito a cui è stata posta una prognosi di 10 giorni si riserva di querelare l’aggressore, essendo ormai diventata una prassi aggredire, medici ed infermieri. “Tuteleremo il nostro  iscritto – afferma De Matteis – in ogni sede, ma ribadiamo, allo stesso tempo, la necessità che la Regione non continui a far gravare le croniche carenze , la mancanza di posti letto, le lunghe liste di attesa per esami e visite specialistiche sul personale medico e sanitario”.

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