Il gip del Tribunale di Catanzaro Tiziana Macrì ha convalidato il fermo e ha applicato la misura cautelare in carcere a carico di Giuseppe Arabia, 30 anni di Amato e residente a Miglierina, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi nei confronti di Cesare Falvo, ucciso con una coltellata all’addome nella tarda serata di sabato scorso a Miglierina. Accompagnato dall’avvocato difensore Raffaele Elio Bruno, l’indagato ha ribadito in lacrime al giudice per le indagini preliminari, che non sarebbe andato sotto casa della vittima con l’intenzione di ucciderlo, aggiungendo la frase “non sono un criminale”, chiarendo di aver sferrato il coltello solo dopo aver notato che l’uomo avrebbe tolto da un lato della tasca del giubbino una pistola calibro 7.65 e dall’altro lato un coltellino. Ha raccontato inoltre un fatto risalente a dieci giorni prima, quando la vittima lo avrebbe contattato, commissionandogli di mettere una tanica di benzina ala ditta che sta eseguendo i lavori di restyling della galleria di Marcellinara e di come in paese si parlasse della caratura criminale della vittima, già noto alle forze dell’ordine. L’indagato, fermato poco dopo il delitto dai Carabinieri, in seguito a serrate ricerche, poco distante dalla sua abitazione, aveva già ammesso le sue responsabilità davanti al sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Andrea Giuseppe Buzzelli, titolare del fascicolo, che lo aveva sentito in caserma durante un interrogatorio durato circa tre ore. Aveva raccontato dei continui messaggi che la vittima avrebbe mandato alla sua compagna e con l’intento di chiarire la situazione sarebbe andato a casa di Falvo, non pensando che la discussione sarebbe poi degenerata in tragedia. L’indagato aveva già dichiarato al magistrato di non volere uccidere il 50enne, ma che un fatto inaspettato lo avrebbe spinto a compiere un gesto estremo: durante la discussione la vittima avrebbe messo le mani nella tasca del giubbino e l’indagato temendo che avrebbe potuto puntargli un’arma addosso, ha reagito accoltellando la vittima allo stomaco. Arabia ha anche fornito agli investigatori l’arma del delitto, un grosso pugnale da sub, con lama di 20 centimetri circa, di cui l’uomo si era disfatto. L’auto usata per la fuga e il coltello sono stati posti sotto sequestro per gli accertamenti tecnici del caso. In particolare il coltello sarà inviato al Ris per l’estrapolazione del Dna della vittima, mentre Arabia è stato condotto nel carcere di Siano e sottoposto a fermo di indiziato di delitto in attesa dell’udienza di convalida, che si è tenuta oggi al quarto piano di Palazzo Ferlaino. Arabia ha avuto giusto il tempo di salutare la sua compagna e sua madre, prima di essere riportato dietro le sbarre.
g. p.
g. p.
Calabria 7