Omicidio Bergamini, il marito poliziotto all’imputata: “Dì che non sai perché si è suicidato”

"Non ti fare prendere dall’emozione. Devi dire: sono solo il testimone di un brutto episodio, avevo 19 anni e tra me e Denis c'era un rapporto normale"

di Maria Teresa Improta – Nuova udienza in Corte d’Assise a Cosenza per far luce sulla misteriosa morte di Denis Bergamini. Il calciatore rossoblù, originario della provincia di Ferrara, fu trovato cadavere sulla statale 106 in contrada Monica nel novembre 1989. Con lui in auto c’era l’ex fidanzata Isabella Internò, unico imputato nel processo accusata dalla Procura di Castrovillari di omicidio volontario. Questa mattina il collegio giudicante, presieduto da Paola Lucente con a latere il giudice Marco Bilotta, ha ascoltato due operatori del nucleo investigativo di Cosenza che lavorarono al cold case nel 2011. Entrambi, rispondendo con dovizia di dettagli alle domande del pm Luca Primicerio, hanno ricostruito le fasi salienti dell’indagine culminata con l’iscrizione nel registro degli indagati di Isabella Internò.

Le indagini del 2011

Le indagini del 2011

“C’erano tre comparti investigativi che indagavano sulla morte di Denis Bergamini: – hanno spiegato i due operatori del Nucleo Investigativo di Cosenza – il nostro, quello tecnico del Ris e quello della Procura che escuteva persone informate sui fatti. Noi abbiamo ascoltato 51 persone, con la collaborazione dei Comandi provinciali competenti per territorio. Siamo andati a scandagliare la vita privata e sentimentale del calciatore analizzando aspetti che fino al 2011 non erano stati considerati. Abbiamo scartato le piste del totonero, del totoscommesse e della droga perché non ci erano elementi che suggerissero di fare ulteriori approfondimenti. Abbiamo analizzato la comunicazione di rinvenimento del cadavere fatta il 19 novembre del 1989 per capire cosa aveva portato all’ipotesi del suicidio e le eventuali incongruenze con questa tesi che ci hanno indotto ad escluderla, non era un ragazzo che voleva uccidersi. Il procedimento del 2011 era nato da un dossier presentato dal legale della famiglia Bergamini l’avvocato Eugenio Gallerani che aveva stimolato la riapertura delle indagini. Siamo ripartiti da zero, seguendo le probabili piste sull’evento poi la Procura avrebbe unito tutte le risultanze. E’ stato fatto uno screening degli atti pregressi dove il procuratore Abbate aveva spaziato molto nel sentire i calciatori indagando sulla vita professionale di Bergamini. Dalla nostra attività investigativa abbiamo evinto che la richiesta di vedersi quel giorno era venuta da parte di Isabella che nonostante la relazione fosse terminata cercava di riavvicinarlo, di riconquistarlo affascinata dai privilegi e dalla visibilità che otteneva stando al suo fianco”.

Il ritrovamento del cadavere

“La morte di Bergamini – spiegano i due ufficiali consultando la documentazione – dagli esami autoptici sembrerebbe sia avvenuta per sprofondamento toracico e schiacciamento dell’addome. Il brigadiere Barbuscio, oggi deceduto e all’epoca dei fatti comandante della stazione carabinieri di Roseto Capo Spulico fu il primo a fare il sopralluogo. Insospettito dalla colonna di traffico formatasi sulla statale 106 andò a verificare cosa stesse succedendo e trovò una Maserati su una piazzola, un autocarro con il motore acceso con a destra il corpo privo di vita di Denis. Il riconoscimento avvenne attraverso i documenti che il calciatore aveva in tasca, in più il brigadiere ricordava che alle 17:30 lo aveva fermato e con lui c’era una ragazza che non era presente sul luogo del delitto. Chiese dove fosse e le dissero che era andata a chiamare i soccorsi, accompagnata con la Maserati al bar da Panunzio (il ragazzo che l’aveva soccorsa) il quale sarebbe verosimilmente poi tornato indietro per riparcheggiare l’auto nella piazzola. Una volta rintracciata è stata ascoltata alle 20:30, mentre il camionista Pisano alle 22:45 e poi venne indagato per omicidio colposo. Nel rapporto del 1989 c’è scritto: “trovato cadavere in località Monica gettatosi sotto un camion con intento suicidio”. Tra gli oggetti trovati e restituiti alla famiglia c’erano un assegno della Lega calcio, l’orologio, una cartolina di Budapest e un portafoglio. Tra l’inizio della piazzola e il cadavere c’erano 60 metri di distanza”.

Le intercettazioni: “Dì che non sai perché si è suicidato”

“Nelle intercettazioni captate nella Mercedes Classe A sulla quale viaggiava Internò prima e dopo essere ascoltata in Procura a Castrovillari nel 2011 – spiegano il maresciallo Marcello Lupo e il luogotenente Roberto Redavid – abbiamo trovato elementi di rilievo. Mentre si trova in auto con la figlia e la sorella parla di una conversazione tra il marito di quest’ultima e il suo: Gianluca Tiesi e Luciano Conte. L’imputata affermava che Gianluca Tiesi avesse discusso con il suo coniuge convenendo sul fatto che dire troppi non ricordo, non andava bene e che non doveva agitarsi tanto il magistrato che l’avrebbe ascoltata non aveva neanche 30 anni. Internò avrebbe poi confidato loro: “io solo gli orari non ricordo”, mentre la giovane figlia le ripeteva di non dar retta al padre e di dire la verità. Nel viaggio di andata e ritorno verso la Procura di Castrovillari, l’imputata invece parla con il marito Luciano Conte che le fornisce istruzioni: “non entrare nell’intimità, non andare proprio a fondo, rispondi in modo educato e quando chiede di me resta nel vago dici che lavoro a Paola e all’epoca ero a Palermo. Non ti fare prendere dall’emozione. Dille che quello tra te e Denis era un rapporto normale. Devi dire: sono solo il testimone di un brutto episodio, avevo 19 anni avrei detto la verità se avessi saputo i motivi che lo hanno spinto al suicidio, ma non lio conosco”. Ad attenderla in auto all’uscita dalla Procura è il marito poliziotto che come testimoniano le intercettazioni le chiede come fosse andato il colloquio e lei risponde di aver detto loro che non ricordava e che nel suo inconscio aveva rimosso. Poi Conte le chiede chiarimenti e Isabella Internò spiega: “Davanti a me ha fatto il gesto del tuffo, ma non ricordo se era a pancia in giù, loro hanno detto che non era possibile e io ho ribadito che ormai erano trascorsi 22 anni”. A questo punto la moglie prima di infastidirsi e dire al consorte di non volerne parlare afferma: “Anche se era notte lo vedevo perché mi ero messa lì a fianco a lui che si è buttato e il camion si è fermato. E io sono andata con la macchina a vedere perché era lontano, mi è venuta l’ansia. Che dovevo dirgli di più che ho subito senza c’entrare nulla? Mi ha chiesto se avevo un’altra relazione sentimentale e io ho risposto di no, non gli ho detto che mi sentivo con te””.

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