Il ricordo di Maria Chindamo è sempre forte nella mente delle persone che l’hanno amata, vissuta, apprezzata. E dal 2017, ogni anno, il 6 maggio, ci si riunisce in contrada Montalto, nel Comune di Limbadi, all’entrata della sua azienda agricola, luogo in cui si persero le tracce. Nessun corpo mai ritrovato, nessuna certezza sulle modalità della sua sorte, solo dolore e rabbia. Quelli dei familiari dell’imprenditrice originaria di Laureana di Borrello: la madre, il fratello Vincenzo e i figli, animati dallo spirito, incrollabile, di avere giustizia, di conoscere e vedere condannati i responsabili della sua scomparsa.
Una ferita ancora aperta
Una ferita ancora aperta
Una lupara bianca che è una ferita ancora tanto aperta, insopportabile da vivere. E questa mattina, a fianco ai congiunti di Maria Chidamo, anche tanti giovani alla manifestazione indetta da Libera. E ancora, la presenza istituzionale della vicepresidente della Regione, Giusy Princi, del vescovo Attilio Nostro, del sindaco di Limbadi, Pantaleone Mercuri, del consigliere regionale del Pd, Raffaele Mammoliti, e delle vittime di mafia come ad esempio Carmine Zappia, ma anche i Vinci-Scarpulla, genitori di Matteo Vinci, fatto saltare in aria poco distante da contrada Montalto.
Il ricordo commosso del fratello
Toccanti le parole di Vincenzo Chindamo che ha ricordato il coraggio dell’amata sorella sottolineando come la sua figura sia ancora nei cuori delle persone perbene e aggiungendo che non smetterà mai di lottare per arrivare alla verità. Il coordinatore provinciale di Libera, Giuseppe Borrello, ha posto l’accento, tra le altre cose, sull’importanza dei collaboratori di giustizia a svelare quanto conoscano sulla vicenda e invitato la popolazione ad avere un cambio di passo nel nome della legalità, accogliendo il reiterato appello lanciato dal procuratore Camillo Falvo e dalle forze dell’ordine, presenti tra l’altro stamani all’evento. (f.p.)
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