Omicidio Cricrì nel Vibonese, due condanne

di Gabriella Passariello

Si chiude con due condanne il processo di primo grado sull’omicidio di Giuseppe Damiano Cricrì, il 48enne di Melicuccà di Dinami, ex candidato a sindaco nelle amministrative del maggio 2013 ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013, nelle campagne di Acquaro, nel Vibonese. La Corte di assise di Catanzaro ha inflitto 24 anni di carcere a Liberata Gallace, (difesa dall’avvocato Cristian Scaramozzino), 54enne di Piani di Acquaro accusata di omicidio e  22 anni per Fiore D’Elia ( difeso dal legale Giovanna Fonte), 66enne di Gerocarne, accusato di soppressione di cadavere. I giudici della Corte, presieduta da Alessandro Bravin, a latere Antonella De Simone, hanno sentenziato pene più pesanti rispetto alle richieste della pubblica accusa Corrado Caputo, che  nell’aula C di Palazzo Ferlaino ha invocato 21 anni di reclusione per Gallace e 16 anni di carcere per D’Elia.  La Corte di assise ha dichiarato gli imputati interdetti dai pubblici uffici, condannandoli, inoltre, al risarcimento del danno a favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in un separato giudizio. I legali degli imputati attenderanno il deposito delle motivazioni della sentenza, che è stata stata stabilita nel termine di novanta giorni, per proporre ricorso in appello. “Aspetteremo le motivazioni della sentenza – ha dichiarato l’avvocato Fronte- per capire qual è stato l’effettivo ruolo contestato a D’Elia nella vicenda”. Per un terzo imputato Alfonsino Ciancio e figlio della Gallace è già intervenuta la sentenza di condanna in Appello a 14 anni di carcere, pena ridotta rispetto ai 30 anni di reclusione sentenziati in primo grado nell’ambito del giudizio abbreviato.

Si chiude con due condanne il processo di primo grado sull’omicidio di Giuseppe Damiano Cricrì, il 48enne di Melicuccà di Dinami, ex candidato a sindaco nelle amministrative del maggio 2013 ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013, nelle campagne di Acquaro, nel Vibonese. La Corte di assise di Catanzaro ha inflitto 24 anni di carcere a Liberata Gallace, (difesa dall’avvocato Cristian Scaramozzino), 54enne di Piani di Acquaro accusata di omicidio e  22 anni per Fiore D’Elia ( difeso dal legale Giovanna Fonte), 66enne di Gerocarne, accusato di soppressione di cadavere. I giudici della Corte, presieduta da Alessandro Bravin, a latere Antonella De Simone, hanno sentenziato pene più pesanti rispetto alle richieste della pubblica accusa Corrado Caputo, che  nell’aula C di Palazzo Ferlaino ha invocato 21 anni di reclusione per Gallace e 16 anni di carcere per D’Elia.  La Corte di assise ha dichiarato gli imputati interdetti dai pubblici uffici, condannandoli, inoltre, al risarcimento del danno a favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in un separato giudizio. I legali degli imputati attenderanno il deposito delle motivazioni della sentenza, che è stata stata stabilita nel termine di novanta giorni, per proporre ricorso in appello. “Aspetteremo le motivazioni della sentenza – ha dichiarato l’avvocato Fronte- per capire qual è stato l’effettivo ruolo contestato a D’Elia nella vicenda”. Per un terzo imputato Alfonsino Ciancio e figlio della Gallace è già intervenuta la sentenza di condanna in Appello a 14 anni di carcere, pena ridotta rispetto ai 30 anni di reclusione sentenziati in primo grado nell’ambito del giudizio abbreviato.

Il movente dell’omicidio. Il movente del delitto sarebbe di natura passionale: in base alla ricostruzione degli inquirenti  sarebbe emerso che Giuseppe Damiano Cricrì, dopo la separazione dalla moglie aveva stretto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta separata in casa. Un omicidio, secondo le ipotesi di accusa, aggravato dalla premeditazione: la donna non avrebbe accettato la decisione di Cricrì di chiudere la loro relazione e avrebbe dato appuntamento alla vittima in  un luogo appartato in località “Boschetto”, alla periferia di Limpidi di Acquaro e in orario notturno. Proprio lì Cricrì sarebbe stato colpito con un oggetto contundente alla testa, al volto e in diverse parti del corpo, provocandone la morte. Il corpo della vittima sarebbe stato poi caricato con l’aiuto di Alfonsino Ciancio e di Fiore D’Elia sul sedile posteriore della Panda e trasportato in località Petrignano di Acquaro, il luogo dove avrebbero cosparso l’auto di liquido infiammabile per poi dar fuoco, carbonizzando il corpo della vittima, per non lasciare tracce.

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