di Gabriella Passariello- Per l’agguato mortale di stampo mafioso di Pietro Bucchino, 32enne, raggiunto da cinque colpi di pistola calibro 38 la notte del 10 novembre 2003 in località Savutano, frazione di Sambiase nel Comune di Lamezia Terme, il gup distrettuale del Tribunale di Catanzaro Filippo Aragona ha condannato Peppino Daponte, (60 anni di Lamezia), giudicato con rito abbreviato, a 30 anni di reclusione, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Pasquale Mandolfino. I legali difensori, Renzo Andricciola e Vincenzo Cicino, attenderanno le motivazioni della sentenza per ricorrere in Appello. L’uomo, in concorso con altre persone allo stato non identificate, avrebbe esploso una raffica di colpi di pistola all’indirizzo del 32enne, alcuni dei quali lo hanno raggiunto in parti vitali del corpo senza lasciargli scampo. Un delitto, avvenuto tra le 21 e le 23.30 di quel 10 novembre di quindici anni fa e maturato nel quadro di una strategia criminale della cosca confederata Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, volta a mantenere l’incontrastato controllo del territorio sambiasino.
Il movente dell’omicidio
Il movente dell’omicidio
La vittima andava punita, perché avrebbe agito “in maniera autonoma nel settore dei reati contro il patrimonio” in area territoriale sottoposta alla protezione e al controllo estorsivo della cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. L’imputato, (coinvolto nell’inchiesta antimafia Andromeda e condannato in appello a 8 anni di reclusione) oltre a rispondere di omicidio aggravato dalle modalità mafiose, è stato condannato per detenzione illegale del revolver calibro 38 usata per il fatto di sangue. Fatti aggravati dal metodo mafioso e posti in essere per agevolare l’attività della cosca confederata nell’ottica dell’affermazione del potere incontrastato della famiglia Iannazzo-Cannizzaro-Daponte sul proprio territorio di competenza.