di Gabriella Passariello- Ci sarà un nuovo processo di secondo grado per Nicholas Sia accusato di aver accoltellato a morte il catanzarese Marco Gentile, il 24 ottobre 2015, nella zona dei giardini di San Leonardo. La Quinta sezione della Corte di Cassazione non ha confermato il verdetto della Corte di assise di appello, datato 26 novembre 2019, giorno in cui i giudici chiamati a pronunciarsi per la seconda volta dopo l’annullamento con rinvio deciso dagli Ermellini, hanno sentenziato per l’imputato la riduzione di pena a 12 anni per l’esecutore dell’omicidio rispetto ai 16 precedentemente inflitti dai giudici di Corte di assise di appello. La Suprema corte ha accolto il ricorso del sostituto procuratore generale della Corte di appello di Catanzaro Raffaela Sforza, annullando con rinvio per quanto riguarda l’attenuante della provocazione, una decisione accolta con soddisfazione dal collegio difensivo delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Antonio Ludovico, Arturo Bova e Antonio Lomonaco. Il pg non ha utilizzato mezzi termini nel motivare la sentenza impugnata: “L’imputato non ha chiesto scusa alla famiglia della vittima e ciò rivela una personalità negativa e la sua capacità a delinquere, (…) non si è ravveduto rispetto all’atto compiuto”.
Reazione spropositata rispetto all’offesa
Reazione spropositata rispetto all’offesa
Per la Procura generale, l’omicidio è il frutto di una reazione sproporzionata, eccessiva e inadeguata rispetto all’offesa ricevuta: la sottrazione di un apparecchio per videogiochi da parte della vittima e le presunte prevaricazioni ai danni dell’imputato, oggetto di scherno da parte dei suoi coetanei e in particolare di Marco Gentile, almeno stante alla motivazione della Corte di assise appello, che proprio per questo ha riconosciuto all’imputato l’attenuante della provocazione. Sia era stato più volte umiliato dai ragazzi, i quali gli hanno assegnato il soprannome di Scary che sta a significare spaventoso, nomignolo tratto da una pellicola cinematografica del genere horror. Ma per la Procura generale sarebbe stato “necessario verificare con esattezza a chi fossero riconducibili le condotte prevaricatrici ai danni dell’imputato e se i comportamenti adottati specificamente dalla vittima potevano integrare il requisito dell’adeguatezza psicologica della provocazione”. Una verifica a cui i giudici avrebbero potuto procedere con una rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, approfondendo questo aspetto del tutto inesplorato.
Senza via di salvezza
La vittima, secondo il pg, tra l’altro non aveva dato peso alle intenzioni di Sia, che già da una settimana lo aveva avvisato dell’acquisto del coltello e del fatto che avrebbe voluto utilizzarlo ai danni di Gentile. “E tanto costui aveva sottovalutato le minacce- scrive il pg nel ricorso- che quando aveva visto avvicinarsi Sia, gli aveva persino chiesto se fosse vero che voleva ucciderlo. Dal canto suo l’imputato che ancora avrebbe potuto ravvedersi e tornare sui suoi passi, realizzava un proposito covato a lungo, inveendo contro Gentile, che in quel momento era disarmato, indifeso, incredulo, colpendolo ripetutamente alla gola, senza lasciargli alcuna possibilità di salvezza”. A dimostrazione del mancato pentimento dell’imputato, la Procura generale ha allegato, al ricorso per Cassazione la conversazione nel carcere di Castrovillari tra Nicholas Sia e i suoi familiari, colloquio risalente al 23 dicembre 2015 , dove il ragazzo si diceva “pronto a tornare a Catanzaro per farne un altro… (omicidio ndr) e la mamma allarmata:” non esci, se dici queste cose non esci. Tu ti devi pentire per quello che hai fatto”.