di Gabriella Passariello – Una pena superiore rispetto a quella invocata dalla Dda in aula per l’atroce delitto di Luigi Grande, maturato nell’ambito della faida tra la cosca Cossari e quella dei Catarisano. Il gup distrettuale del Tribunale di Catanzaro Antonio Battaglia ha condannato a 14 anni di reclusione il collaboratore di giustizia Santino Mirarchi, (37enne ) di Catanzaro, giudicato con rito abbreviato e accusato di omicidio, distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere, detenzione illegale di armi, tutti reati aggravati dalla mafiosità e dalla premeditazione. ll collaboratore, reo confesso, è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, prevedendo nei suoi confronti anche l’interdizione legale per la durata della pena. Regge l’inchiesta della Dda, che aveva invocato in aula 12 anni di reclusione per il fatto di sangue, ma vengono meno le aggravanti delle crudeltà e sevizie, che si sono aggiunte in seguito ad un’integrazione del capo di imputazione avvenuta durante l’udienza tenutasi il 5 novembre scorso su richiesta dell’avvocato di parte civile Anselmo Torchia. Aggravanti a cui si era opposto Il difensore del pentito, l’avvocato Michele Gigliotti, durante la sua arringa difensiva. Il gup distrettuale ha inoltre condannato Mirarchi al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede. Il legale dell’imputato, (le cui dichiarazioni confessorie hanno reso possibile la chiusura del caso sull’omicidio Grande), attenderà il deposito della motivazione della sentenza, prevista entro novanta giorni, per ricorrere in appello.
Il testimone oculare e l’inganno
Il testimone oculare e l’inganno
Secondo le ipotesi accusatorie, il pentito, il 12 agosto 2009, per acquisire informazioni sulla scomparsa di Giuseppe Fraietta, avvenuta quattro giorni prima in località Fortuna, nel quartiere marinaro del capoluogo di regione e della quale era ritenuto testimone oculare, avrebbe condotto con l’inganno Luigi Grande in un casolare disabitato a Manganella nel Comune di San Floro dove, dopo averlo picchiato, utilizzando anche un bastone, lo avrebbe ucciso con due colpi di arma da fuoco, che lo hanno raggiunto alla testa, per poi tentare di distruggere ogni traccia bruciando il cadavere, i cui resti sono stati ritrovati il 29 novembre di quello stesso anno.
Per l’accusa l’ omicidio è premeditato
Un omicidio premeditato in risposta all’uccisione di Giuseppe Fraietta appartenente alla cosca Cossari, attiva nel territorio di Roccelletta di Borgia e contrapposta alla famiglia Catarisano. Un fatto di sangue, che secondo la Dda, si inseriva in una sanguinosa faida interna per la supremazia ed il controllo delle attività illecite nel territorio di Roccelletta di Borgia e in zone limitrofe. Il collaboratore di giustizia risponde anche di detenzione illegale di armi in luogo pubblico: avrebbe portato con sé due pistole, una delle quali utilizzate per sparare mortalmente Luigi Grande.