di Mimmo Famularo – Chi ha ucciso Francesco Palmieri? La sentenza emessa dal gup del Tribunale di Vibo Francesca Del Vecchio che ieri ha condannato a 8 anni e 2 mesi di reclusione il cugino della vittima Nicola Polito (LEGGI QUI) non dà una risposta certa all’interrogativo. Ne è convinto il legale difensore del giovane imputato di Paravati, l’avvocato Salvatore Sorbilli. “Intanto – spiega – non sono state rese note le motivazioni che hanno determinato la condanna dell’imputato Nicola Polito e, dunque, l’entità di pena comminata per ciascuno dei reati dei quali era accusato. Di certo, dalla richiesta del pubblico ministero è emerso che gran parte della pena e stata comminata per i reati di ricettazione di arma (ex art. 648 cp) e di detenzione e porto abusivo di arma clandestina (ex art. 23 l. 110/75) mentre per tutti gli altri reati è stato chiesto l’applicazione di un aumento sulla pena principale, ossia quella relativa alla ricettazione dell’arma”.
Le tracce del Dna sul grilletto del fucile
Le tracce del Dna sul grilletto del fucile
Sia a Nicola Polito che a Pasquale Evolo, 53 anni, anche lui di Paravati, che verrà processato con rito ordinario dal Tribunale di Vibo Valentia (prima udienza in programma il prossimo 27 ottobre), rispondono del reato “di morte come conseguenza non voluta di altro reato”. “Nicola Polito – precisa l’avvocato Sorbilli – aveva un appuntamento con Pasquale Evolo ed era ignaro dell’arrivo di Francesco Palmieri, tanto che lo stesso riferisce che non si era nemmeno accorto della presenza del cugino sul posto in cui vi è stata la discussione”. Nel corso del processo con rito abbreviato conclusosi con la condanna di Polito, è venuto fuori un particolare molto importante sottolineato dall’avvocato Sorbilli: “Dagli accertamenti tecnici dei Ris di Messina emerge che il grilletto del fucile dal quale è partito il colpo che ha determinato la morte del povero Francesco Palmieri è stato premuto solo da Pasquale Evolo, essendo sua l’unica traccia biologica rinvenuta sul grilletto del fucile, mentre le tracce riconducibili a Nicola Polito si trovavano solo sulle canne e sul calcio del fucile e sono compatibili con quanto da lui stesso riferito sin dall’inizio: ossia che, al momento del fatto, stava tentando di allontanare da se le suddette canne per evitare di venire colpito”.
Ucciso per un debito di 20 euro nel Vibonese, condannato il cugino della vittima