Il gup del Tribunale di Vibo lo aveva condannato a 21 anni di carcere. Oggi è arrivata la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro che riconoscendo le attenuanti generiche ha riformato la sentenza di primo grado infliggendo a Giuseppe Carnovale (difeso dall’avvocato Adele Manno) la pena di 12 anni e 8 mesi di reclusione. Si è concluso così il secondo atto del processo sull’omicidio di Massimo Ripepi, ucciso il 21 ottobre del 2018 a colpi di pistola in pieno centro abitato a Piscopio, frazione di Vibo Valentia. Nei confronti dell’imputato il sostituto procuratore generale di Catanzaro Luigi Maffia aveva invece chiesto la condanna a 16 anni di reclusione senza alcuna attenuante.
L’omicidio Ripepi
L’omicidio Ripepi
Su quanto accaduto in via Regina Margherita a Piscopio all’ora di pranzo di una domenica di ottobre del 2018 hanno indagato congiuntamente i carabinieri della Compagnia di Vibo allora guidati dal capitano Gianfranco Pino (con l’ausilio dell’allora comandante del Nucleo operativo Luca Domizi) e gli investigatori della polizia allora coordinati da quello che all’epoca era il vice capo della Squadra Mobile Cristian Maffongelli. Secondo quanto emerso dai rilievi effettuati sul posto, l’omicidio ha seguito due distinte fasi. La prima si è svolta in un circolo ricreativo dove Massimo Ripepi si era recato nella tarda mattinata di domenica per giocare a carte. E’ qui che il “killer” è entrato a volto scoperto facendo fuoco più volte e ferendo il 42enne alla gambe. La vittima ha avuto il tempo di alzarsi dalla sedia e tentare la fuga ma una volta arrivato in strada è stramazzato al suolo dove poi è stato trovato dai carabinieri intervenuti sul posto in seguito ad una chiamata al 112 da parte di un residente che aveva udito i colpi d’arma da fuoco. Nove bossoli trovati, due colpi di pistola sparati alle gambe ed uno (probabilmente fatale) alla schiena, nella zona del rene. Così è stato ucciso Massimo Ripepi. A premere il grilletto è stato quindi l’ex cognato Giuseppe Carnovale che una volta compiuto l’agguato si sarebbe dileguato in auto rendendosi irreperibile. La vettura di sua proprietà è stata rintracciata dalla polizia nei pressi dell’abitazione con in vetri aperti e il motore ancora tiepido. Di lui nessuna traccia fino a quando si è consegnato, insieme al suo avvocato, negli uffici del Comando provinciale dei carabinieri di Vibo, dove ha confessato di essere stato l’autore del delitto.
Il movente del delitto
Per gli inquirenti si tratta di un omicidio maturato proprio nel contesto familiare. I dissidi tra la vittima ed il suo carnefice erano già emersi qualche mese prima in più occasioni. Il delitto sarebbe dunque il frutto di un escalation che non si è mai fermata ed è proseguita tra diverbi continui, minacce ed aggressioni. Il risentimento di Carnovale nei confronti dell’ex cognato, accusato di maltrattamenti in famiglia, ha portato all’epilogo finale di una storia sfociata in tragedia.