di Mimmo Famularo – Condannato a 22 anni in primo grado per omicidio dalla Corte d’assise; scarcerato e posto ai domiciliari dal Tribunale del Riesame di Catanzaro a meno di una settimana dalla sentenza. Antonio Pontoriero, 45 anni, presunto assassino di Soumalia Sacko, il bracciante maliano ucciso a colpi di fucile il 2 giugno del 2018 mentre stava raccogliendo alcune lamiere nell’area dell’ex fornace “La Tranquilla” di San Calogero nel Vibonese, può lasciare il carcere di Castrovillari dove si trova recluso per scontare la condanna (appellata dai suoi legali, gli avvocati Salvatore Staiano e Francesco Muzzopappa) a casa insieme alla sua famiglia. Il ricorso presentato dai suoi difensori e discusso precedentemente alla sentenza di primo grado è stato accolto dal Tribunale del Riesame di Catanzaro presieduto dal giudice Giuseppe Valea (a latere Ermanna Grossi e Giuseppe De Salvatore) che ha quindi sostituito la misura cautelare in carcere con quella agli arresti domiciliari a San Calogero con l’applicazione del braccialetto elettronico.
Ai domiciliari con il braccialetto elettronico
Ai domiciliari con il braccialetto elettronico
Per il Collegio nonostante il lungo periodo di detenzione (circa due anni) e lo stato di incensuratezza “persistono le esigenze cautelari a carico dell’imputato” ma all’affievolimento della misura hanno contribuito tre particolari di non poco conto: lo stato avanzato dell’istruttoria processuale davanti alla Corte d’assise di Catanzaro; il consenso di Pontoriero all’utilizzazione del braccialetto elettronico e il parere favorevole dello stesso pubblico ministero. Da qui l’accoglimento dell’appello proposto dagli avvocati Staiano e Muzzopappa che nell’istanza hanno sottolineato l’insussistenza di un concreto attuale pericolo di recidiva. Per i giudici del Riesame i domiciliari con il braccialetto elettronico rappresentano misura idonea “a scongiurare prossime occasioni di ricaduta nel delitto, espletando al tempo stesso un effetto deterrente sulla reiterazione di condotte analoghe”.
L’omicidio nella “fabbrica dei veleni”
Soumaila Sacko era un giovane immigrato di 29 anni, bracciante agricolo regolare ma sfruttato nei campi della piana di Gioia Tauro. Quel pomeriggio del 2 giugno 2018 trovò la morte della “fabbrica dei veleni” di San Calogero dove si era recato insieme a due amici per prelevare alcune vecchie lamiere che sarebbero servite per rafforzare la sua baracca nel grande ghetto di San Ferdinando dove viveva. Nella baraccopoli, abbattuta qualche mese dopo, non tornò più perché Sacko venne ucciso con un colpo di fucile che lo centrò alla testa. Secondo la sentenza di primo grado a sparare fu Antonio Pontoriero e per la Corte d’assise fu omicidio volontario. L’ex fornace “La Tranquilla” è ancora sotto sequestro dopo il ritrovamento di 135mila tonnellate di rifiuti industriali interrati. Un vicenda inquietante per la quale è ancora in corso il processo dinanzi al Tribunale di Vibo. Ma questa è un’altra storia.
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