Il sodalizio criminale colpito dall’inchiesta della Dda di Catanzaro che stamane ha portato all’esecuzione di 50 provvedimenti cautelari “era particolarmente strutturato alla sistematica evasione delle imposte perpetrata attraverso la costituzione di società fittizie che avevano l’unico scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti, ottenerne il pagamento e retrocedere il denaro alle imprese beneficiarie della frode dietro la corresponsione del 11% dell’imponibile indicato nella fattura, affinché queste ultime potessero ottenere indebiti risparmi d’imposta milionari”.
Dispositivi e protezioni individuali, i nuovi settori dei clan
Il settore prediletto era quello dei servizi e fornitura di dispositivi di protezione individuale, mascherine, caschi, guanti ecc, a copertura del sistema fraudolento, costituendo, parallelamente, diverse aziende cartiere e “filtro” che si sono dedicate, stabilmente, all’attività di emissione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti. Allo stesso tempo, i membri dell’organizzazione coordinavano “un drappello di individui incaricati, con costanza e senza soluzione di continuità, di recuperare il denaro corrisposto dalle società beneficiarie della frode, prelevandolo in contanti presso i vari uffici postali dove erano stati accesi specifici conti correnti, retrocedere le somme decurtate del compenso illecito, redigere documentazione fiscale ed amministrativa fittizia nonché di “arruolare” nuove “teste di legno””. Durante il passaggio delle somme, da cartiera in cartiera, in taluni casi l’indicazione dell’Iva spariva perché veniva utilizzato l’espediente normativo. Venivano quindi inscenate come avvenute operazioni di commercializzazione mai realmente avvenute. Gli inquirenti parlano di aziende prive di sostanza economica, magazzini affittati ma sprovvisti di merce, e mezzi di trasporto che vi permanevano per simulare operazioni di scarico/carico. Nel corso delle indagini sono state trovate migliaia di documenti fiscali ed amministrativi falsi emessi ed annotati nelle scritture contabili, ai pagamenti realmente eseguiti, tranne, poi, prelevare il denaro e retrocederlo, decurtato del 11% dell’imponibile quale compenso per la costruzione e la gestione del sistema fraudolento. La percentuale riconosciuta variava a seconda del cliente che richiedeva le fatture per operazioni inesistenti: quando l’impresa era riconducibile a soggetti della criminalità organizzata la percentuale scendeva dall’11% al 7% per acquisire la “captatio benevolentiae” del boss e continuare ad operare indisturbati verso altri imprenditori-clientibeneficiari di false fatture, alcuni dei quali acquisiti proprio grazie all’indicazione del boss all’ombra del quale si era operato.