‘Ndrangheta e appalti, Gratteri: “Le imprese mutano pelle per sfuggire alle indagini” (VIDEO)

Gli inquirenti hanno riferito nell'ambito dell'inchiesta "Coccodrillo" come l'impresa "ha scelto la vicinanza alla cosca come strategia imprenditoriale"

“Questa è un’indagine importante, un ulteriore passo avanti nella dimostrazione di quella che oggi è la ‘ndrangheta. Ci sono coinvolte le imprese che si relazionano in modo diretto con le famiglie di ndrangheta come i Mazzagatti e gli Arena. Decine di imprese che noi inseguiamo mentre loro mutano pelle nel corso degli anni per non farsi raggiungere sul piano delle misure di prevenzione, sul piano delle interdittive antimafia e poi sul piano penale”. Sono le parole del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, a margine della conferenza stampa dell’operazione “Coccodrillo” che ha portato all’esecuzione di dieci ordinanze cautelari emesse, con il sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro. Al centro dell’inchiesta il gruppo imprenditoriale che fa capo ad Antonio Lobello, 72 anni, e ai figli Daniele, 47, e Giuseppe, 51, ma con loro sono rimasti coinvolti prestanomi e professionisti.

Plauso alla Guardia di Finanza

Plauso alla Guardia di Finanza

“Ma questa volta – ha detto ancora Gratteri – la Guardia di finanza è stata più brava e più veloce ed è riuscita, grazie a questa indagine, a dimostrare come queste imprese, muovendosi con la complicità delle famiglie di ‘ndrangheta abbiano potuto essere dominanti rispetto ad altre imprese per bene, che rispettano le regole dello Stato, pensando così di riuscire a saturare il mercato nel mondo degli appalti sia pubblici che privati. Sono molto soddisfatto del lavoro svolto dal mio ufficio e dalla Guardia di finanza”.

“Hanno scelto la ‘ndrangheta come strategia imprenditoriale”

“ll gruppo ha scelto la ‘ndrangheta come strategia imprenditoriale – ha detto il procuratore vicario Vincenzo Capomolla –. Negli ultimi 15 anni ha posto in essere rapporti con i gruppi criminali catanzaresi e della provincia di Reggio Calabria. Si tratta di rapporti diretti con esponenti apicali delle cosche da parte di Antonio Lobello e suo figlio Giuseppe per assicurarsi gli appalti e la tranquillità sui cantieri. Abbiamo registrato il monopolio della gestione del calcestruzzo per realizzazione e dei macrolotti della 106. Non dimentichiamo che la scelta collusiva con le cosche rendono inoltre nulli i diritti dei lavoratori all’interno della ditta stessa”. (dam.riv.)

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