di Vincenzo Caridi*- Il vaccino obbligatorio è lecito? E’ la domanda più frequente che il cittadino si pone in questo periodo. Il Governo Draghi, in virtù dell’art. 4 del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44 recante “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici” ha imposto la vaccinazione obbligatoria a tutto il personale sanitario fino al 31 dicembre 2021. Il decreto specifica che la vaccinazione “costituisce requisito essenziale all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano”, il cui rifiuto comporta l’assegnazione temporaneo ad altre mansioni, con stipendio proporzionato alla nuova qualifica, e, ove ciò non fosse possibile, la sospensione dal lavoro senza retribuzione! Il Governo ha chiarito che il provvedimento è stato adottato “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2”. Ma la tutela della salute può comportare una soppressione di diritti costituzionalmente garantiti alla persona, nel caso di specie operatore sanitario, quali la libertà individuale e personale? Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo assistito, ahimè, allo stravolgimento, in nome del Covid, della tutela dei diritti conquistati con enorme fatica dai padri fondatori della Costituzione nel dopo guerra, oltre alla violazione della gerarchia delle fonti che, se in un primo momento potevano essere tollerati, considerato l’imminente pericolo dovuto all’allora sconosciuto Covid 19, oggi sono assolutamente inaccettabili, perlomeno dagli operatori giuridici. La giurisprudenza si sta finalmente orientando in tal senso ridando la giusta dimensione giuridica ai DPCM, atti di mera natura amministrativa ed inidonei a limitare i diritti costituzionali. La tutela del bene vita è ovviamente lo scopo primario di uno Stato di diritto giacché senza di essa il secondo, come tutto il resto, non esisterebbe. Dobbiamo stare attenti, però, a non far passare per evento straordinario il diritto alla libertà individuale e per ordinario la limitazione del medesimo. Occorre, pertanto, dapprima prendere coscienza del fatto che trattasi di misure eccezionali che nulla hanno a che vedere con le nostre norme di diritto in una situazione di normalità. Al contempo, in una materia in cui la forma è sostanza, si devono seguire gli strumenti propri che la Carta Costituzionale ci ha messo a disposizione. Pare che questo principio inizialmente sia stato recepito dall’attuale Governo solo in parte vista l’utilizzo del D.L. per una validità di circa 30 giorni, ossia un tempo inferiore al limite previsto per la loro conversione, con estromissione costante del Parlamento da un fattivo esercizio del suo potere legislativo. Ad ogni modo la vaccinazione obbligatoria potrebbe essere costituzionalmente legittima in forza dell’art. 32, comma 2, della costituzione che testualmente recita “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. E’ chiara la riserva di legge ed è corretto l’utilizzo del D.L. quale atto avente forza di legge le cui misure, in questo caso, hanno una durata che va oltre i tassativi 60 giorni previsti per la sua conversione in legge, con conseguente esame ed eventuale approvazione determinante da parte del Parlamento. Per quanto attiene il principio del rispetto della persona umana è interessante evidenziare che la Consulta con la pronuncia nr. 258 del 1994, ha stabilito che le condizioni per l’imposizione dell’obbligo discendono da un equo contemperamento tra il diritto pubblico alla salute e il diritto alla autodeterminazione del singolo. È evidente che la decisione di “scavalcare” il diritto alla autodeterminazione per far prevalere la tutela della salute di tutti non può che prescindere da due circostanze: l’accertata, e sperimentata, sicurezza di un farmaco (il vaccino) da un lato, e un pericolo reale in essere per i singoli e per l’intera collettività, dall’altro. I dati scientifici pare soddisfino i criteri imposti dalla Consulta, anche se ciò stride con la tutela concessa agli operatori sanitari nella somministrazione dei vaccini che non incorreranno mai nella violazione degli artt. 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria… (art. 3 del D.L. ). Allora perché prevedere tale esimente (scriminante) se il vaccino è sicuro? La scelta di adottare l’art. 3, pertanto, potrebbe portare alla conclusione che il vaccino abbia delle probabilità, anche se minime, di arrecare danni alle persone a cui viene somministrato; se ciò è ininfluente in caso di facoltà di scelta, diventa, invece, determinante nel caso opposto. Infatti, non verrebbero soddisfatti i requisiti chiariti ed imposti dalla Consulta, ma soprattutto in caso di danni, o addirittura evento morte da vaccino, con la previsione di obbligatorietà verrebbe stravolta ancora una volta l’interpretazione della Carta Costituzionale senza tutela del bene vita! Il problema di certo non è di facile soluzione e soltanto il tempo aiuterà gli addetti ai lavori, in particolare dottrina e giurisprudenza, a consacrare la completa legittimità del provvedimento de quo che sancisce una svolta epocale in materia di libertà personale; nessun operatore giuridico che crede fermamente nei principi del nostro Stato di diritto può concordare nella soppressione del principale diritto della persona, la libertà personale, ma al contempo può considerare una sua limitazione se una parziale coercizione fisica del singolo, in questo caso l’obbligatorietà del vaccino, garantisca la libertà a tutti i cittadini di riprendere la propria vita con il ripristino della tutela di tutti quei diritti che, in nome e a causa della pandemia, sono stati fortemente limitati.L’obbligo vaccinale è un sacrificio giuridico che, a mio parere, oltre ad apparire accettabile, avrebbe dovuto avere efficacia erga omnes, invece di limitarlo ai soli operatori sanitari al fine di sconfiggere definitivamente, si spera, la pandemia.
*Avvocato