Orthrus, ‘ndrangheta nelle Preserre Catanzaresi, 13 condanne e un’assoluzione (NOMI)

Dieci condanne riformate, altre tre confermate e un’assoluzione, appellata dalla Dda, ma confermata anche in secondo grado

Dieci condanne riformate, altre tre confermate e un’assoluzione, appellata dalla Dda e rimasta invariata anche in secondo grado. E’ il verdetto sentenziato dalla Corte di appello di Catanzaro, presidente Caterina Capitò, per i quattordici imputati che il 27 settembre 2021 erano stati giudicati dal gup distrettuale di Catanzaro Gabriella Logozzo nell’ambito dell’inchiesta “Orthrus” contro la cosca Chiefari-Iozzo, due nuclei familiari, costituenti uno stesso sodalizio di ‘ndrangheta operante nell’area di Chiaravalle Centrale, Cardinale e Torre di Ruggiero (LEGGI). 

Le condanne riformate

Le condanne riformate

I giudici di secondo grado hanno sentenziato per qualche imputato un aggravio di pena, per la maggior parte uno sconto di pena. In particolare hanno condannato Raffaele Iozzo, a 16 anni e 8 mesi di reclusione (condannato in primo grado a 19 anni, 3 mesi e dei giorni); Giuseppe Marco Marchese,  8 anni, 2 mesi di reclusione (in primo grado inflitti 8 anni e 4 mesi), Antonio Rei, inteso U Bellino, 8 anni  e 2 mesi di reclusione ( in primo grado 2 anni, 2 mesi e 20 giorni); Salvatore Russo, inteso u Porco, 7 anni r 4 mesi di reclusione (in primo grado 8 anni, 5 mesi e dieci giorni); Antonio Maiolo, 7 anni di reclusione (In primo grado condannato dal gup a 7 anni e 8 mesi); Giuseppe Giovanni Iozzo, 6 anni e 2 mesi di reclusione (in primo grado 7 anni e 8 mesi);  Alexander Daniele, inteso Sasha, 6 anni (il giudice di prime cure gli aveva inflitto 7 anni e 8 mesi); Stefano Pasquino, 1 anno di reclusione e 2mila euro di multa (in primo grado 2 anni); Andrea Maida, inteso u babbo, che in primo grado ha “ricevuto” 1 anno e 2mila euro di multa (in primo grado condannato ad una pena a 2 anni, 5 mesi e 10 giorni); Marta Sanginiti,  6 mesi e 2mila euro di multa, (in primo grado 8 mesi).

Le condanne confermate

La corte di appello ha inoltre confermato il verdetto dl giudice di prime cure per Marco Catricalà, condannato  a 4 mesi;  Damiano Fabiano, condannato a 8 anni e  Fabio Romeo, condannato a 4 mesi; 

L’assoluzione confermata

I giudici di secondo grado hanno lasciato invariato il verdetto assolutorio sentenziato dal gup nei confronti di Vito Chiefari, difeso dai legali Vincenzo Cicino e Giovanni Russomanno, nonostante il sostituto procuratore generale avesse invocato in aula, al termine della requisitoria una condanna a 10 anni di reclusione. La Corte di appello ha quindi respinto il ricorso formulato dalla Dda.

Verso la Cassazione per 13 imputati

I legali difensori (nel cui collegio compiono, tra gli altri i nomi di Salvatore Staiano, Saverio Loiero, Stefano Nimpo, Vittoria Aversa, Fabio Tino, Gregorio Tino, Salvatore Giunone, Guido Contestabile, Giovanni Merante, Sergio Rotundo, Antonio Stivale Gregorio Tino e Sabrina Apollinaro), attenderanno le motivazioni della sentenza per ricorrere alla Corte suprema. 

Il ruolo delle due famiglie Chiefari- Iozzo

Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, il nucleo familiare degli Iozzo di Chiaravalle Centrale sarebbe costituito dai fratelli Mario, detto Marino, Giuseppe Gregorio, Luciano e Gianfranco Iozzo. Per gli inquirenti un ruolo rilevante lo avrebbe avuto anche il figlio di Mario, Raffaele Iozzo. Nella loro disponibilità armi di uso comune e da guerra e sarebbero stati dediti alle estorsioni ai danni dei commercianti e degli imprenditori boschivi oltre al traffico di droga. Il punto di riferimento sarebbe Antonio Chiefari, nonché i figli Vito, Pietro Antonio, Domenico Giuseppe e Nicola. Secondo l’accusa avrebbero gestito varie attività imprenditoriali, operanti principalmente nel settore degli scavi, del movimento terra e nel settore agricolo. Avrebbero avuto il controllo del territorio, in particolare quello di Torre Ruggero, attraverso la forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo che avrebbe permesso loro di interferire nelle attività economiche della zona e, in particolare, sulle grandi opere relative alla costruzione della “Trasversale delle Serre”.

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia

Un’ingerenza – raccontano i collaboratori di giustizia – che si sarebbe manifestata per mezzo della stipula di contratti di noleggio di macchinari in favore dell’Ati aggiudicatrice dell’appalto mediante una società riconducibile alla famiglia Chiefari. Non solo, i Chiefari avrebbero anche gestito il business degli spazi alla fiera della Madonna delle Grazie di Torre Ruggero imponendo e dettando le loro regole. A consolidare il quadro indiziario costruito dagli inquirenti anche le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. In particolare Domenico Todaro nei cui interrogatori ha riferito come gli Iozzo costituirebbero un autonomo gruppo criminale nella zona di Chiaravalle Centrale con a capo Mario Iozzo, detto “Marino”. Vincenzo Todaro ha invece riferito che per l’esecuzione delle rapine bisognava chiedere il permesso ai Chiefari di Torre Ruggero e agli Iozzo “i quali – spiega il pentito – erano sempre presenti sul territorio e dovevano essere a conoscenza di tutti ciò che accadeva”. Lo stesso Todaro ha parlato dell’affiliazione di tutti i fratelli Iozzo (Mario, Luciano, Pino, Gianfranco e Saverio) alla cosca Gallace. Ancora più preciso il collaboratore di giustizia Gianni Creterola che agli inquirenti ha dichiarato di far parte della ‘ndrina di Gagliato capeggiata da Massimiliano Sestito alle dipendenze del “locale” di Serra San Bruno con a capo Damiano Vallelunga (ora defunto). Secondo quanto sostenuto da Creterola di quest’ultimo “Locale” facevano parte i Comuni di Soverato di cui era capo ‘ndrina Vittorio Sia; Chiaravalle Centrale con a capo gli Iozzo; San Sostene con i Lentini e i Procopio; Torre di Ruggero con i Chiefari, capeggiati da Antonio Chiefari e Vallefiorita con i Bruno.

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