Le più recenti promesse della politica fissano la data di consegna alla primavera del 2026. La prima pietra posata nel 2004, nel frattempo, sarà andata dispersa da qualche parte nel sito di località Cocari scelto per edificare l’opera pubblica più importante della storia del territorio provinciale di Vibo Valentia: la nuova struttura ospedaliera. Un progetto da 190 milioni di euro che, nell’arco di quasi 20 anni, come quella prima pietra, è stato sepolto da un intrico di intoppi, rimandi, annunci, permessi, inchieste e sequestri giudiziari, ritrovamenti archeologici e intimidazioni. Sicché ancora oggi, nel 2023, la sua realizzazione ha il profilo di una vera e propria chimera. Eppure sul punto, il presidente della Regione Calabria Occhiuto e i suoi fedelissimi si sono esposti pubblicamente e nelle sedi istituzionali, assicurando la consegna dell’opera ad una cittadinanza ormai fortemente scettica sull’effettiva realizzazione del nuovo ospedale e, con essa, sul raggiungimento di uno standard “accettabile” dell’offerta sanitaria.
Nuovi approfondimenti sul sito
Nuovi approfondimenti sul sito
Risale al 16 febbraio scorso la notizia che l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale ha richiesto nuovi approfondimenti sul sito individuato, al fine di valutare con attenzione eventuali criticità connesse allo stesso sito, ricadente in un’area già classificata ad alto rischio idrogeologico e tra quelle più esposte già nel tragico evento alluvionale che interessò la città e le frazioni costiere il 3 luglio del 2006. A renderlo, nel corso di una seduta della Commissione regionale Sanità dedicata proprio all’emergenza sanitaria del Vibonese, il consigliere regionale Michele Comito e il commissario straordinario dell’Asp di Vibo Giuseppe Giuliano, chiamato in audizione quel giorno. Entrambi, in quella sede, avevano però fornito rassicurazioni sul fatto che la verifica dell’Autorità di bacino avrebbe comportato un differimento dell’avvio dei lavori (già annunciato per il mese di febbraio) al massimo di un paio di settimane.
E due settimane divennero due mesi
Quelle due settimane sono ormai diventate quasi due mesi e nessuna novità sembra materializzarsi all’orizzonte, mentre il cantiere alle porte della città rimane inesorabilmente fermo e desolatamente vuoto. Qui, superati a fatica i vincoli archeologici, lo scorso anno sono state completate alcune delle opere complementari relative alla viabilità sull’ex Ss 606 che dallo svincolo autostradale porta in città. Passi in avanti erano stati poi celebrati – nel maggio 2022 – con lo sblocco dell’impasse relativa al fosso Calzone, con la firma della convenzione tra la Provincia di Vibo e Rete ferroviaria italiana per il ripristino dell’officiosità idraulica di uno dei principali fattori di rischio dell’area. Presente in Prefettura a Vibo in quella circostanza, il presidente Occhiuto non mancava di esaltare la firma della pratica e assicurare l’avvio dei lavori per i primi mesi del 2023.
Interessato il nuovo prefetto Grieco
Ora il nuovo intoppo che, ancora una volta, punta l’obiettivo sull’idoneità del sito scelto quasi 20 anni fa. E la Prefettura è nuovamente tornata al centro dell’attenzione visto che al nuovo prefetto Paolo Giovanni Grieco – insediatosi da meno di tre settimane a Palazzo Rizzuti – si sono rivolti i consiglieri regionali Antonio Lo Schiavo e Raffaele Mammoliti che, sulla sanità vibonese, stanno conducendo una serrata battaglia. Al rappresentante territoriale del Governo, i due esponenti dell’opposizione regionale hanno rappresentato la cruda realtà e hanno chiesto di far valere le sue prerogative affinché si faccia finalmente chiarezza sull’avvio dei lavori e sul destino della struttura, paventando il rischio che, al netto di annunci e buoni propositi, l’opera non veda mai la luce. Grieco, dal canto suo, ha assicurato il suo interessamento. Ma non è detto che basti.
Specchietto per allodole in una sanità allo sfascio
Nel frattempo, poi, la snervante attesa rischia di diventare una sorta di specchietto per le allodole e la promessa di un “futuro radioso” per la sanità vibonese di offuscare le gravi carenze che sconta il principale ospedale del territorio, lo Jazzolino, dove gli operatori si barcamenano tra mille difficoltà e i pazienti ne subiscono tutte le conseguenze in termini di erogazione di cure e servizi, in molti casi ridotti al lumicino. Carenza di personale, liste d’attesa bibliche, apparecchiature insufficienti e talvolta non funzionanti, reparti che si tengono in piedi grazie alla buona volontà di pochi volenterosi: tutti fattori che determinano una massiccia fuga dalla sanità pubblica a favore di quella privata e alimentano un’emigrazione sanitaria che, per la Regione Calabria, rappresenta una voce di spesa da capogiro. Il diritto alla salute è dunque fortemente compromesso e anche la speranza di un nuovo ospedale – sempre che effettivamente questa si concretizzi – rappresenta solo l’ultima malferma scialuppa alla quale aggrapparsi nel disastro generale. (m. s.)