“Digli al tuo capo di mettersi a posto con gli amici”. I messaggeri della ‘ndrangheta si erano rimessi in moto a Vibo. Spavaldi, arroganti, a volto scoperto, senza alcuna paura di essere denunciati. Si erano presentati su alcuni cantieri attivi in città per chiedere la “mazzetta”. La strategia era sempre la stessa: all’inizio una semplice ‘mbasciata (così viene definita nel gergo criminale), poi le minacce, gli avvertimenti e gli attentati se l’estorsione non fosse andata a buon fine. Dopo “Rinascita Scott” a Vibo, però, l’aria sembra essere cambiata. Il muro di omertà è stato squarciato non solo dai collaboratori di giustizia ma anche dalle denunce (sempre più numerose) degli imprenditori incoraggiati dal lavoro della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Con Gratteri non si scherza e l’avviso di conclusione delle indagini preliminari recapitato alle “nuove leve” di ‘ndrangheta di Vibo è un segnale molto chiaro (LEGGI QUI). Tra le oltre venti pagine che costituiscono l’ultimo step dell’inchiesta prima della probabile richiesta di rinvio a giudizio si fa luce su una serie di estorsioni messe in atto dai “soliti” ignoti “smascherati” dalle indagini a tappeto svolte sotto il coordinamento del pool antimafia. Tutti presunti innocenti fino a sentenza definitiva ma oggi i presunti autori di danneggiamenti e messaggi intimidatori hanno un nome e un cognome.
Il presunto postino delle “nuove leve”
Il presunto postino delle “nuove leve”
Quello più ricorrente più volte citato nelle carte firmate dai sostituti procuratori De Bernardo e Buzzelli insieme alla collega di Vibo Belmonte, è quello di Michele Manco, 34 anni, ritenuto affiliato alla ‘ndrina dei “Pardea-Ranisi”, difeso dall’avvocato Walter Franzè e già condannato a 12 anni di reclusione nel filone abbreviato del maxiprocesso “Rinascita Scott”. Sarebbe il “postino” (ancora presunto) delle “nuove leve” della ‘ndrangheta di Vibo. Lui, al contrario degli imprenditori che hanno denunciato la serie di tentate estorsioni subite nel biennio tra il 2020 e il 2022, è rimasto sempre in silenzio negli interrogatori di garanzia. Oggi deve difendersi da nuove accuse mosse dalla Dda di Catanzaro: associazione mafiosa che si sarebbe materializzata – secondo gli inquirenti – all’indomani della colossale operazione contro la ‘ndrangheta vibonese avvenuta il 19 dicembre del 2019 e almeno cinque tentate estorsioni che invece si sarebbero verificate dopo la sua scarcerazione disposta dal Tribunale del Riesame di Catanzaro nei giorni successivi lo storico blitz compiuto dai carabinieri. Il 34enne di Vibo una volta rimesso in libertà avrebbe ripreso le attività illecite per conto del gruppo criminale al quale apparterrebbe trasformandosi – secondo l’ipotesi accusatoria – in una sorta di “postino” per trasmettere una serie di messaggi estorsivi indirizzati ai titolari di alcune imprese con l’obiettivo di recuperare denaro liquido in un momento in cui la ‘ndrina di riferimento era alle strette per via degli arresti effettuati dalla Procura antimafia di Catanzaro e dai carabinieri di Vibo.
La tentata estorsione nel cantiere del nuovo ospedale
Tra le tentate estorsioni contestate spicca quella all’impresa che tra il 2020 e il 2021 ha effettuato alcuni lavori nell’area del nuovo ospedale di Vibo. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti a pronunciare la frase “Dì al tuo capo che si è dimenticato degli amici” sarebbe stato proprio Michele Manco. Una chiara minaccia proferita all’autista della ditta di costruzioni di Catanzaro che aveva vinto l’appalto. Chiaro l’obiettivo: costringere l’imprenditore che si era aggiudicato i lavori a pagare la classica mazzetta da corrispondere ai “Pardea-Ranisi” perché il cantiere in questione ricadeva – secondo le logiche criminali – nel territorio sottoposto al loro controllo. Tutto vano. Il messaggio recapitato indirettamente a Massimo Procopio, titolare della Costruzioni Procopio Srl, la società appaltatrice dell’opera pubblica, è stato rispedito al mittente con una denuncia all’autorità giudiziaria. Michele Manco avrebbe tuttavia insistito recandosi nuovamente sul cantiere e avvicinando un altro autista, un mese dopo, luglio 2020: “Vi siete scordati di andare a trovare gli amici, andate a trovare gli amici sennò vi sparano”. Nuovo messaggio di chiaro stampo mafioso, nuova denuncia contro ignoti da parte di Procopio, altro supplemento di indagini fino all’identificazione del presunto autore nel frattempo tornato in carcere.
L’ecobonus e i messaggi di ‘ndrangheta rispediti al mittente
Michele Manco si sarebbe concentrato anche sul business dei lavori di ristrutturazione degli edifici privati con l’incentivo dell’ecobonus rivestendo sempre il ruolo di “messaggero” del clan. Tre, in particolare, gli episodi contestati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro: il primo, datato maggio del 2021, ai danni di un’impresa edile di Cosenza: “Digli al capo tuo che lo stiamo aspettando”. Anche in questo caso tutto vano: ferma opposizione dell’imprenditore minacciato, nessun pagamento della mazzetta e denuncia alle forze dell’ordine. Tentata estorsione pure a gennaio e a febbraio del 2022 nei confronti di altre imprese che si stavano occupando dei lavori di ristrutturazione condominiali con l’ecobonus 110%. Nel primo caso avrebbe minacciato un imprenditore del posto: “Hai u paghi a mazzetta sennò sparu”; nel secondo caso avrebbe intimato un’operaio di un’altra ditta: “Mettete le carte a posto con gli amici”,la frase pronunciata in questo caso dal presunto messaggero di ‘ndrangheta. Stesse modalità, stesso epilogo: nessun pagamento e denuncia immediata. Per gli inquirenti anche su questi episodi ci sarebbe la firma di Michele Manco. L’ultima tentata estorsione della serie perché da maggio del 2022 il diretto interessato si trova nuovamente in carcere. Il gup del Tribunale di Catanzaro Claudio Paris lo ha infatti condannato a 12 anni di reclusione nell’ambito del processo “Rinascita Scott” celebrato con rito abbreviato.
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