Trent’anni dalla strage di via D’Amelio, Paolo Borsellino e l’equivoco tra innocenza e onestà

"Dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato, ma li rendevano inaffidabili nella gestione della cosa pubblica"

di Laura Mascaro – Uno degli insegnamenti di Paolo Borsellino è quello di amare non solo ciò che ci piace, ma anche ciò che si vorrebbe cambiare. Questo invito riguarda anche la politica. In uno dei suoi tanti incontri nelle scuole, ci ha offerto una riflessione attuale sulla differenza tra assoluzione e integrità. Il 26 gennaio 1989 all’istituto professionale “Remondini” di Bassano del Grappa, parla dei politici accusati di vicinanza ai mafiosi però non condannati dalla magistratura. Quindi quei politici sono onesti? “E no!” afferma Borsellino, invitando a non nascondersi dietro lo schermo della sentenza: “la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i Consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica”.

La lotta alla mafia

La lotta alla mafia

Borsellino prosegue, spiegando come la lotta alla mafia non possa essere delegata esclusivamente alla magistratura, pena il rischio di creare un pericoloso equivoco tra innocenza e onestà: “Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati”. Sandro Pertini sosteneva che tutta la società, e non solamente la politica, necessitasse di onestà e di coraggio. Sentiamo ridursi la fiducia verso chi ci rappresenta e amministra, dimentichi del nostro compito: in un sistema democratico siamo chiamati a soppesare l’integrità di chi coloro che ci rappresentano o ai quali deleghiamo le funzioni pubbliche, per assicurarci vengano adempiute con disciplina ed onore, come chiede la Costituzione (art. 54). Significa camminare nella società come testimoni attivi e consapevoli anche dopo i cortei in cui ci riuniamo per ricordare gli uomini e le donne che si sono sacrificati per dei valori importanti come la giustizia, la verità e l’onestà. Gli strumenti per illuminare le zone opache sono già nelle nostre mani. Borsellino invitava a informarsi per valutare se vi è stato un tradimento di fiducia, se quei sospetti hanno attentato al patto sociale, se quelle vicinanze sono inopportune e intollerabili. Occorre unire l’impegno, per un richiamo forte alla trasparenza e all’irreprensibilità. Occorre ricordare che possiamo scegliere. Occorre ricordare di amare ciò che si vorrebbe cambiare.

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