Papa furioso e cittadini stremati dai rincari, ma Draghi destina il 2% del Pil alle armi

Quattro milioni di famiglie non riescono a pagare luce e gas. Intanto, con il caro-benzina lo Stato ha incassato oltre 25 miliardi di euro tra Iva e accise

“Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!». La disapprovazione espressa da papa Francesco non redime il governo Draghi. “La vera risposta – ha affermato Papa Francesco non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari. La buona politica non può venire dalla sopraffazione, ma solo da una cultura della cura della persona, della sua dignità e della nostra casa comune. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare”.

La risposta di Draghi al Papa

La risposta di Draghi al Papa

“Il 2% del Pil per spese militari? È un impegno preso dal governo italiano nel 2006, sedici anni fa, sempre confermato dai governi da allora, senza grandi discussioni”. Così Mario Draghi in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo di Bruxelles rispondendo a una domanda del cronista di Avvenire che chiedeva conto delle spese per la Difesa. “Ora è tornato alla ribalta perché più urgente, è venuta l’esigenza di iniziare a riarmarci. L’urgenza di una difesa europea – ha concluso Draghi – si è presentata perché abbiamo la Russia che ha invaso l’Ucraina, con logiche che appartenevano ad altre epoche”. Parlando quindi delle parole del Papa, che ha detto di “vergognarsi” per gli Stati che aumentano la spesa militare, Draghi ha sottolineato: “Ho visto le parole del Santo padre, a cui vorrei esprimere la mia personale gratitudine e del governo. Vorrei ribadire che noi stiamo cercando la pace. Avrò anche io, colloqui con Putin. Questa è la prima importante cosa da tenere a mente. Non siamo in guerra perché si segue un destino bellico. Si vuole la pace prima di tutto”.

Ben 4 milioni di famiglie italiane in estrema difficoltà

Nel frattempo il caro carburanti e il caro bollette sta portando allo stremo le famiglie italiane. Secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre sui dati del Rapporto Oipe 20201, si stima che in Italia ci siano 4 milioni di nuclei in difficoltà. Famiglie che si trovano nell’impossibilità di procurarsi un paniere minimo di beni e servizi energetici; ovvero il riscaldamento, il raffrescamento, l’illuminazione, l’utilizzo di elettrodomestici. Ma non solo: l’escalation dei listini dei carburanti alla pompa è costato in soli 6 mesi agli italiani oltre 9 miliardi per i maggiori costi di rifornimento alle auto. Vista la scarsa disponibilità economica, spesso questi nuclei sono costretti a scegliere: o si mette assieme il pranzo con la cena o si pagano le bollette. Le famiglie più a rischio sono quelle con un elevato numero di componenti, vivono in abitazioni datate e in cattivo stato di conservazione, il capofamiglia è giovane, spesso indigente o immigrato.

Situazione maggiormente critica nel Sud Italia

A livello territoriale la situazione più critica si presenta nel Mezzogiorno, dove la frequenza della povertà energetica oscilla tra il 24 e il 36% delle famiglie di quel territorio. In Campania, ad esempio, il range va da almeno 519mila nuclei in difficoltà a quasi 779mila, in Sicilia da poco più di 481mila a 722mila e in Calabria da poco oltre le 191mila fino a quasi 287mila unità. Altrettanto critica, per la Cgia, è la situazione in altre regioni del Centrosud che registrano una frequenza della povertà energetica medio alta: tra il 14 e il 24%. In questa fascia ci sono la Puglia, con un numero di famiglie che oscillano tra le 223mila e le 383mila e la Sardegna, con una forchetta che varia da quasi 102mila fino a poco più di 174mila. Tra le regioni che, invece, si trovano nella fascia medio bassa (tra il 10 e il 14% di frequenza) il Lazio, il Piemonte, la Liguria, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta. Tra le realtà, infine, meno interessate da questo fenomeno, dove la forchetta oscilla tra il 6 e il 10%, la Lombardia, il Veneto, l’Emila Romagna, la Toscana e il Trentino Alto Adige.

Caro-carburanti e incassi dello Stato

L’escalation dei listini dei carburanti alla pompa è costato in soli 6 mesi agli italiani oltre 9 miliardi per i maggiori costi di rifornimento alle auto. Nello stesso periodo lo Stato ha incassato oltre 25 miliardi a titolo di Iva e accise su benzina e gasolio. Lo rivela un’indagine di Consumerismo e del centro ricerca di Alma Laboris Business School, che ha analizzato l’andamento dei listini alla pompa degli ultimi 6 mesi per capire quanto sia costato alla collettività il “caro-carburante” e quanto abbia guadagnato lo Stato grazie ai rincari alla pompa.

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