di don Gaudioso Mercuri
Il Vangelo di oggi inizia con un grido di giustizia, due fratelli che litigano nello spartirsi un’eredità. Il messaggio che porta in sé questo brano è talmente chiaro che non ha bisogno di particolari interpretazioni. “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché la vita di un uomo non dipende dai suoi beni”. Talvolta, cari amici, è insito nell’anima umana aspirare alla conquista dei beni terreni, perché la ricchezza conferisce a molti una certa sicurezza, che poi alla fine si scopre falsa sicurezza, perché ci si accorge che tutto ciò che è terreno, è passeggero. Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi ? Diceva un ebreo a Mosè che voleva fare opere di pace tra lui e il suo compagno. Gesù riprende questa frase per rispondere ad uno della folla che voleva farlo arbitro tra sè e suo fratello per una questione di eredità. Mosè desiderava rendere giustizia a modo suo. Nella stessa maniera, l’uomo che si rivolge a Cristo desidera che giustizia sia fatta come intende lui, sembra quasi ignorare del tutto il messaggio di Gesù. Anche noi spesso nella nostra preghiera anteponiamo la nostra volontà a quella di Cristo desiderando che lui ci esaudisca ad ogni costo, senza cercare di capire qual è il vero bene che il Creatore ci propone attraverso quella situazione di apparente ingiustizia. Il Signore non vuole altro che la nostra gioia, per questo ci vuole liberi dalle nostre illusioni di falsa felicità: “guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia”. Cupidigia è cercare sicurezza nelle cose che si toccano, sulle cose che passano. Le persone felici sono quelli che hanno la verità nel cuore, coloro che non cercano continuamente di accedere ai posti più alti in parrocchia, nel nostro caso sorpassando tutti, volendo avere “il primato ecclesiale”, che è assoluta sterilità e temibile coerenza di fede. E’ felice chi è capace di dire: “ciò che è mio è anche tuo”, ti dono gratuitamente, perché ti voglio bene, perché voglio il tuo bene. Cari amici, ciò che siamo chiamati a fare è immergersi nei sogni della gente, capendo i dolori e le difficoltà degli altri, stringendo mani affaticate, guardando occhi stanchi e feriti, risollevando interiormente chi è annientato dal volere avere a tutti i costi, essendo carente dei veri valori che contano nella vita.
Il Vangelo di oggi inizia con un grido di giustizia, due fratelli che litigano nello spartirsi un’eredità. Il messaggio che porta in sé questo brano è talmente chiaro che non ha bisogno di particolari interpretazioni. “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché la vita di un uomo non dipende dai suoi beni”. Talvolta, cari amici, è insito nell’anima umana aspirare alla conquista dei beni terreni, perché la ricchezza conferisce a molti una certa sicurezza, che poi alla fine si scopre falsa sicurezza, perché ci si accorge che tutto ciò che è terreno, è passeggero. Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi ? Diceva un ebreo a Mosè che voleva fare opere di pace tra lui e il suo compagno. Gesù riprende questa frase per rispondere ad uno della folla che voleva farlo arbitro tra sè e suo fratello per una questione di eredità. Mosè desiderava rendere giustizia a modo suo. Nella stessa maniera, l’uomo che si rivolge a Cristo desidera che giustizia sia fatta come intende lui, sembra quasi ignorare del tutto il messaggio di Gesù. Anche noi spesso nella nostra preghiera anteponiamo la nostra volontà a quella di Cristo desiderando che lui ci esaudisca ad ogni costo, senza cercare di capire qual è il vero bene che il Creatore ci propone attraverso quella situazione di apparente ingiustizia. Il Signore non vuole altro che la nostra gioia, per questo ci vuole liberi dalle nostre illusioni di falsa felicità: “guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia”. Cupidigia è cercare sicurezza nelle cose che si toccano, sulle cose che passano. Le persone felici sono quelli che hanno la verità nel cuore, coloro che non cercano continuamente di accedere ai posti più alti in parrocchia, nel nostro caso sorpassando tutti, volendo avere “il primato ecclesiale”, che è assoluta sterilità e temibile coerenza di fede. E’ felice chi è capace di dire: “ciò che è mio è anche tuo”, ti dono gratuitamente, perché ti voglio bene, perché voglio il tuo bene. Cari amici, ciò che siamo chiamati a fare è immergersi nei sogni della gente, capendo i dolori e le difficoltà degli altri, stringendo mani affaticate, guardando occhi stanchi e feriti, risollevando interiormente chi è annientato dal volere avere a tutti i costi, essendo carente dei veri valori che contano nella vita.