di Danilo Colacino – Partito Democratico calabrese: la Santa Pasqua da poco trascorsa non sembra essere stata di risurrezione. La metafora biblica, che ci permettiamo di citare senza indulgere alla blasfemia, non è dunque parsa valere per un soggetto politico alle prese con confusione e vuoti di potere, affatto colmati dal lavoro del commissario straordinario Stefano Graziano. Un dirigente comunque in sella – per così dire – dal gennaio scorso, che fatica a riportare la gestione interna alla normalità.
E a riprova, citiamo i recenti intoppi patiti nella scelta dei candidati (tre in tutto) in vista delle Europee. Una terna che non vede la luce, per adesso essendoci sul tavolo solo i nomi di Lucia Nucera (in quota Sebi Romeo) e di Franco Iacucci (sponsorizzato invece in via principale da Mimmo Bevacqua e Carlo Guccione). Sullo sfondo, intanto, tiene banco la conferma del via libera per la corsa al secondo mandato da governatore, come ovvio reclamato a gran voce da Mario Oliverio, che dovrebbe essere scontato ma a patto di trovare i giusti incastri come, ad esempio, l’ingresso nelle liste del Pd della Pasionaria Flora Sculco. Si tratta di una delle ‘donne forti’ del centrosinistra calabrese – per giunta espressione di un territorio non intasato da maggiorenti scalpitanti, qual è quello crotonese – che insieme a ‘Lady Adamo’, la deputata Enza Bruno Bossio, è rispettata e apprezzata per le sue battaglie.
E a riprova, citiamo i recenti intoppi patiti nella scelta dei candidati (tre in tutto) in vista delle Europee. Una terna che non vede la luce, per adesso essendoci sul tavolo solo i nomi di Lucia Nucera (in quota Sebi Romeo) e di Franco Iacucci (sponsorizzato invece in via principale da Mimmo Bevacqua e Carlo Guccione). Sullo sfondo, intanto, tiene banco la conferma del via libera per la corsa al secondo mandato da governatore, come ovvio reclamato a gran voce da Mario Oliverio, che dovrebbe essere scontato ma a patto di trovare i giusti incastri come, ad esempio, l’ingresso nelle liste del Pd della Pasionaria Flora Sculco. Si tratta di una delle ‘donne forti’ del centrosinistra calabrese – per giunta espressione di un territorio non intasato da maggiorenti scalpitanti, qual è quello crotonese – che insieme a ‘Lady Adamo’, la deputata Enza Bruno Bossio, è rispettata e apprezzata per le sue battaglie.
Le lotte intestine e la tentazione di abbandonare una nave in piena tempesta. Da un partito che, malgrado la ‘rottura prolungata’, in Calabria esprime ancora il sindaco della città metropolitana di Reggio e il presidente della (macro)provincia di Cosenza, soltanto per citare due ‘casi eclatanti’, ci si aspetterebbe legittimamente che battesse qualche colpo. Ma niente, anche perché nella cosiddetta base e nouvelle vague Democrat dilagano i mugugni per la mancata – sebbene molto attesa – rivoluzione (leggasi ‘decapitazione’ della vecchia nomenclatura regionale) che si credeva automatica con il trionfo zingarettiano al congresso nazionale.
Peccato, però, che per ‘difetto di tempo’ – o più semplicemente ordine di priorità – il neoplenipotenziario segretario abbia mantenuto pressoché inalterato lo status quo, facendo gridare i diretti interessati all’autoconservazione. Una situazione in cui è peraltro maturato il pastrocchio della mancata approvazione della legge sulla doppia preferenza di genere, arenatasi nell’assise di Palazzo Campanella proprio quando appariva blindata per giunta a causa di un problema di natura personale occorso al vicepresidente del consiglio Enzo Ciconte. Un esponente di spicco dell’attuale centrosinistra che, però, dovrebbe(?) cambiare fronte alle prossime elezioni. Al di là di ogni considerazione, il guaio della norma tanto cara alla Sculco è tuttavia rimediabile a patto di una repentina ricalendarizzazione. Ma questo, anche se sembra incredibile, è…il meno di fronte alla serie interminabile di problemi da risolvere.
Lo scoglio della tornata per il rinnovo dell’assemblea dell’europarlamento. Alla luce di ciò che abbiamo fin qui raccontato, cosa allora sperano i numerosi malpancisti piddini locali? Semplice: “Che un sonnolento Pd si svegli presto dal lungo torpore. Magari, auspicano con una buona dose di malcelato disfattismo, il lìder maximo Nicola Zingaretti potrebbe decidere di prendere atto della vicenda calabrese, mettendoci mano di persona, unicamente dopo una secca sconfitta nelle urne alla fine del mese prossimo”. Parole come pietre, seppur pronunciate lontano da orecchie indiscrete.
La solita dose di fuoco amico, insomma, che in casa Democrat a qualsiasi latitudine e in qualsivoglia ‘partita’ non scarseggia. Mai. Eppure stavolta, la sensazione è che una certa giustificazione al Taffazismo ci sia tutta perché non si capisce come davanti a sconfitte – anche brucianti – a ripetizione si continui a ostracizzare nuove ‘energie’.