Percepiva lecitamente il reddito di cittadinanza, la Cassazione restituisce 13mila euro a un vibonese

Si tratta di una pronuncia che potrebbe innovare la materia, dato che escluderebbe la sussistenza del reato introdotto dalla disciplina in materia
Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso interposto dall’avvocato Sandro D’Agostino, in difesa di D.B.M., ha annullato senza rinvio il sequestro per equivalente disposto per circa 13 mila euro nei confronti di un percettore di reddito di cittadinanza. Il ricorso in Cassazione impugnava l’ordinanza emessa in data 4 novembre 2021 dal Tribunale del Riesame di Vibo Valentia (motivazioni depositate il 15 novembre 2021) con la quale si rigettava la richiesta di riesame interposta avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dall’Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Vibo Valentia – in data 14 giugno 2021 -, che aveva disposto il sequestro di quanto percepito dal predetto quale sussidio legato al reddito di cittadinanza.

Si tratta di una pronuncia che potrebbe innovare la materia atteso che escluderebbe la sussistenza del reato introdotto dalla disciplina in materia, essendo stata accolta la tesi dell’inapplicabilità degli effetti dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La difesa aveva sostenuto la contraddizione interna al provvedimento impugnato che da un lato considera “il reddito di cittadinanza” come “prestazione a carattere assistenziale finalizzata a soddisfare le primarie esigenze di vita” e allo stesso tempo lo equipara a “stipendio, pensione o assegno”, cioè alle “prestazioni revocabili in seguito ad applicazione della pena accessoria” ordinando il sequestro delle somme percepite.
Si tratta di una pronuncia che potrebbe innovare la materia atteso che escluderebbe la sussistenza del reato introdotto dalla disciplina in materia, essendo stata accolta la tesi dell’inapplicabilità degli effetti dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La difesa aveva sostenuto la contraddizione interna al provvedimento impugnato che da un lato considera “il reddito di cittadinanza” come “prestazione a carattere assistenziale finalizzata a soddisfare le primarie esigenze di vita” e allo stesso tempo lo equipara a “stipendio, pensione o assegno”, cioè alle “prestazioni revocabili in seguito ad applicazione della pena accessoria” ordinando il sequestro delle somme percepite.

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