“Perché Massone”, il gran maestro onorario Ugo Bellantoni racconta i “segreti” della Massoneria vibonese

Per 40 anni nell’Ufficio Lavori Pubblici del Comune di Vibo, iscritto alla Loggia Morelli dal 1970, in un libro la storia di uno dei massimi dirigenti nazionali del Goi

“Perché Massone”. Non una domanda, ma la biografia di uno dei personaggi più discussi della storia recente di Vibo: il gran maestro onorario Ugo Bellantoni. “Perché Massone” è il titolo del libro che lo storico dirigente nazionale del Grande Oriente d’Italia ha dato alle stampe. Edito da Arti Grafiche Barbieri di Cosenza, con la prefazione del gran maestro Stefano Bisi e l’introduzione di Giancarlo Elia Valori, Bellantoni ricostruisce un’intera vita, la sua. Spesa – scrive Bisi a presentazione del volume – “con passione, coraggio, forza, sacrificio e giubilo tra le colonne dei Templi e in comunione con i fratelli all’insegna della Bellezza, della Solidarietà e dell’Amore Fraterno”. Una vita, quella di Ugo Bellantoni, trascorsa dietro le quinte, lontano dalle luci della ribalta. Eppure la leggenda lo vuole al centro di trame occulte proprio per il ruolo rivestito all’interno della Libera Muratoria territoriale rapidamente scalata fino ad arrivare ai vertici nazionali. “Oggi quando si parla di Massoneria – scrive – si accosta, quasi sempre ad essa la parola ‘deviata’ come se all’interno dell’Istituzione esistesse un sistema di potere trasversale”. Ad alimentarlo numerose inchieste giudiziarie che dagli anni ’80 ai giorni nostri hanno fatto capolino nei Tribunali italiani.

Indagato ed archiviato in “Rinascita Scott”

Indagato ed archiviato in “Rinascita Scott”

Ugo Bellantoni è stato sfiorato dal ciclone “Rinascita Scott” e il suo nome è inizialmente finito tra gli oltre 400 indagati della maxi-inchiesta che come uno tsunami si è abbattuta sul Vibonese decapitando i vertici della ‘ndrangheta. La sua posizione è stata archiviata ancor prima di arrivare a processo su richiesta della stessa Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che lo aveva iscritto nel registro degli indagati ipotizzando nei suoi confronti il concorso esterno in associazione mafiosa. Un’accusa che il diretto interessato ha sempre respinto con sdegno e indignazione. “Non è necessario – scrive oggi nel suo libro – possedere una tessera per essere un massone, perché tale qualifica corrisponde a un modo di essere e di concepire la vita, a un modo retto di comportarsi in famiglia e nella società civile. Dunque, essere onesti, trasparenti, rispettosi delle leggi, interagire correttamente e onestamente con il prossimo è la caratteristica del Massone. Chi si allontana da questi valori non può essere indicato come tale”.

La scalata della Piramide

Il libro ha anche un sottotitolo: “Il lavoro primo dovere e massima consolazione dell’uomo”. Bellantoni parte proprio da qui per raccontarsi e raccontare il suo percorso in Massoneria cominciato il 2 febbraio del 1970 con una non facile iniziazione, come rivela lui stesso, nella loggia Michele Morelli 153 di Vibo Valentia, officina della sua amata cittá (dove è nato il 22 novembre del 1936). “Una testimonianza la sua – si legge sulla pagina ufficiale de Grande Oriente d’Italia –  non solo resa con il cuore, ma anche suffragata da un’ampia documentazione che getta nuova luce sulla storia della Libera Muratoria del territorio, operativa fin dal 1793 attraverso una loggia di cui fecero parte Gioacchino Murat e il patriota Michele Morelli”. In una delle pochissime interviste rilasciate e ancora rintracciabili sul web Ugo Bellantoni parla di “inaccettabile pregiudizio nutrito dall’opinione pubblica” nei confronti della Massoneria ufficiale: “Sei un Massone? Allora non puoi essere una persona onesta e trasparente. Questo è ingiusto e inaccettabile” sosteneva e sostiene ancora con più forza oggi. Ormai ultraottantenne, l’ex capo ufficio tecnico del Comune di Vibo dove lavorò per una quarantina di anni, scrive per lasciare una testimonianza tangibile del suo operato e difendere strenuamente i valori della Massoneria ufficiale quella che “qualcuno confonde con qualche scheggia impazzita, come furono le Brigate Rosse rispetto al Pci”. Bellantoni dixit.

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