Perizie false per scarcerare Mantella, 16 indagati. Sotto accusa medici e avvocati

Gambizzata a colpi di fucile davanti a un bar nel Vibonese, fratello condannato a 9 anni e 8 mesi

di Gabriella Passariello 

Ci sarebbe stato un piano per fare in modo che Andrea Mantella passasse dal carcere ad una clinica esterna rispetto al circuito penitenziario. Un accordo stretto tra avvocati, periti, consulenti tecnici di parte, un “patto” finalizzato a favorire cosche di ‘ndrangheta. Con le ipotesi di accusa, a vario titolo, di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, falsa perizia o interpretazione, falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulle identità e qualità personali proprie o di altri,  favoreggiamento personale in concorso, reati aggravati dalla mafiosità, i sostituti procuratori della distrettuale di Catanzaro  Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso e Annamaria Frustaci hanno chiuso il cerchio con contestuale avviso di garanzia a carico di 16 indagati. Si tratta di Andrea Mantella, 46 anni, di Vibo; Silvana Albani, 69 anni, di Camerino; Luigi Arturo Ambrosio, 82 anni di Altilia; Domenico Buccomino, 66 anni, di San marco Argentano; Massimiliano Cardamone, 43 anni di Catanzaro; Sabrina Anna Maria Curcio, 51 anni, di Nicastro; Antonio Falbo, 56 anni di Nicastro;  Francesco Lacava, 62 anni di Catanzaro; Santina La Grotteria 46 anni, di Maierato; Francesco Lo Bianco,  48 anni, di Vibo; Sergio Lupis, 71 anni di Canolo; Mauro Notarangelo, 51 anni di Catanzaro; Massimo Rizzo, 56 anni, di Catanzaro;  Antonella Scalise, 62 anni di Crotone; gli avvocati Salvatore Maria Staiano, 63 anni di Locri;  e Giuseppe di Renzo 46 anni di Vibo.

Ci sarebbe stato un piano per fare in modo che Andrea Mantella passasse dal carcere ad una clinica esterna rispetto al circuito penitenziario. Un accordo stretto tra avvocati, periti, consulenti tecnici di parte, un “patto” finalizzato a favorire cosche di ‘ndrangheta. Con le ipotesi di accusa, a vario titolo, di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, falsa perizia o interpretazione, falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulle identità e qualità personali proprie o di altri,  favoreggiamento personale in concorso, reati aggravati dalla mafiosità, i sostituti procuratori della distrettuale di Catanzaro  Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso e Annamaria Frustaci hanno chiuso il cerchio con contestuale avviso di garanzia a carico di 16 indagati. Si tratta di Andrea Mantella, 46 anni, di Vibo; Silvana Albani, 69 anni, di Camerino; Luigi Arturo Ambrosio, 82 anni di Altilia; Domenico Buccomino, 66 anni, di San marco Argentano; Massimiliano Cardamone, 43 anni di Catanzaro; Sabrina Anna Maria Curcio, 51 anni, di Nicastro; Antonio Falbo, 56 anni di Nicastro;  Francesco Lacava, 62 anni di Catanzaro; Santina La Grotteria 46 anni, di Maierato; Francesco Lo Bianco,  48 anni, di Vibo; Sergio Lupis, 71 anni di Canolo; Mauro Notarangelo, 51 anni di Catanzaro; Massimo Rizzo, 56 anni, di Catanzaro;  Antonella Scalise, 62 anni di Crotone; gli avvocati Salvatore Maria Staiano, 63 anni di Locri;  e Giuseppe di Renzo 46 anni di Vibo.

“Le perizie fasulle”. Secondo le ipotesi di accusa i legali  Staiano e Di Renzo in  qualità di codifensori di Mantella nonché nel ruolo di istigatori, La Cava, Notarangelo, Cardamone, Curcio, Rizzo e Scalise quali consulenti tecnici della difesa, Mantella quale beneficiario della condotta, in diversi scritti destinati all’autorità giudiziaria e con più azioni poste in essere in momenti diversi, avrebbero attestato falsamente che lo stesso Mantella sarebbe stato affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il sistema carcerario, indicando come necessaria la sua allocazione in una clinica esterna al circuito penitenziario. In particolare Mantella, avrebbe simulato nel febbraio 2006 un tentato suicidio, come emergerebbe nel diario clinico del detenuto nel carcere di Siano, tentativo che non sarebbe stato preso in considerazione dal medico di guardia del penitenziario come fattore di rischio per la vita o per la salute del detenuto: il medico avrebbe trovato Mantella disteso a terra e “apparentemente privo di coscienza”,  rilevando però che tutti i parametri vitali sarebbero stati nella norma e “coerentemente non avrebbe assunto  alcun provvedimento terapeutico, lasciando trasparire come nessun effettivo pericolo si fosse verificato per Mantella”. Il medico si sarebbe quindi limitato a registrare l’evento nella cartella clinica, senza disporre il trasferimento dell’indagato né in infermeria, né in ospedale. La Cava, in qualità di specialista medico-legale, dopo una visita effettuata nel carcere di Vibo, in seguito al conferimento incarico del 9 giugno 2006, nella relazione tecnica di parte, nonostante le risultanze del diario clinico, avrebbe attestato falsamente che “Mantella è un soggetto affetto da sindrome suicidaria, che si inserisce in un quadro psicopatologico che potrebbe definirsi disturbo di adattamento”. Avrebbe allegato la relazione di parte redatta dal consulente esperto in psichiatria Notarangelo, arrivando alle seguenti conclusioni: “sussistono a nostro parere fondati motivi per ritenere che v’è incompatibilità tra quanto di patologico presentato dal soggetto con il regime di detenzione in carcere.  Risulta pertanto urgente e necessaria la trasformazione dell’attuale misura cautelare in carcere con quella del trasferimento del periziando nel proprio nucleo familiare”. Notarangelo, poi, in qualità di psichiatra consulente di parte avrebbe attestato falsamente che Mantella sarebbe stato affetto da sindrome suicidaria, così come lo stesso Cardamone e Curcio, che nella  relazione allegata alla consulenza di parte del 12 aprile 2017 avrebbe dichiarato  che Mantella soffriva di una “compromissione della personalità, sostanzialmente caratterizzata dalla debolezza dell’io”.

Le istanze di scarcerazione dubbie. Giuseppe Di Renzo, quale legale di Mantella, secondo le ipotesi di accusa, di concerto con il suo assistito, avrebbe depositato il 30 aprile 2007 nella cancelleria del Tribunale di Catanzaro un’istanza di revoca e sostituzione della misura carceraria allegando le false consulenze tecniche di parte finalizzate ad ottenere la scarcerazione di Mantella. Anche Staiano, secondo le ipotesi di accusa, avrebbe, di concerto con il suo assistito, depositato in data 20 agosto 2007 nella cancelleria del gip del Tribunale di Catanzaro un’istanza di revoca della misura cautelare in carcere allegando le false consulenze tecniche di parte di Rizzo e Scalise finalizzate ad ottenere la scarcerazione di Mantella. Consulenze di parte le cui conclusioni risulterebbero non rispondenti al vero  in considerazione di quanto dichiarato dalla stesso Mantella all’inizio della sua collaborazione con la giustizia e da quanto riferito  dal pentito Samuele Lo Vato, nonché di quanto già accertato  dal consulente del pm Giulio Di Mizio  e dal perito incaricato dal giudice Fernando Roccia.  Con l’aggravante per gli indagati di avere agito con la finalità di agevolare la ‘ndrina dei Pardea- Ranisi, attraverso la scarcerazione del suo vertice apicale Mantella, già in precedenza esponente della ‘ndrina Lo Bianco-Barba, divenuto in quel periodo promotore ed organizzatore  del gruppo scissionista  operante nella città di Vibo a partire dal 9 giugno 2006 fino al 30 aprile 2007. Ma c’è di più secondo la Dda.

Le promesse di danaro. Notarangelo  quale pubblico ufficiale nominato  in data 4 marzo 2008 perito dal gup di Catanzaro per verificare le condizioni di salute di Mantella e per stabilire la compatibilità  delle condizioni di salute di Mantella con il regime carcerario , tramite Staiano e Rizzo, avrebbe ricevuto  la promessa di una somma di denaro e di altre utilità  per redigere un elaborato peritale attestante una patologia psichiatrica inesistente, somma che sarebbe stata consegnata da Santina La Grotteria, all’epoca dei fatti compagna di Mantella.

Il favoreggiamento. Di Renzo, Falbo, La Grotteria, Lo Bianco, Lupis e Staiano in concorso tra loro, dopo il delitto di Raffaele Cracolici, avvenuta il 4 maggio 2004, a seguito dell’esecuzione del fermo nei confronti dei correi di Mantella avvenuto il 30 novembre 2007, avrebbero aiutato lo stesso Mantella a precostituirsi un falso alibi e ad eludere le attività investigative. Di Renzo, sempre secondo le ipotesi di accusa, avrebbe violato i doveri derivanti dall’esercizio della sua professione in concorso con ignoti ufficiali di polizia giudiziaria. Avrebbe appreso di attività investigative in corso e di accertamenti che da lì a poco sarebbero confluiti in un provvedimento di sequestro da parte del Tribunale di Vibo informando lo stesso Mantella “aiutandolo ad assicurare il prezzo, il prodotto o il profitto dei reati da lui commessi e in precedenza reciclati attraverso il reinvestimento in attività lecite”. Mantella avrebbe così avuto il tempo di provvedere già alla fine di dicembre 2009, ad alienare alla società Vibo Carni 58 bovini e a svuotare i conti correnti a lui intestati, per rendere inefficace il provvedimento.

Fin qui le ipotesi di accusa, adesso gli indagati, assistiti dai legali Vincenzo Cicino, Stefano Nimpo, Raffaele Rizzuti, Francesco Catanzaro, Francesco Lione, Vincenzo Nobile, Armando Veneto,  avranno venti giorni di tempo per depositare memorie, chiedere di essere interrogati, compiere ogni atto utile per l’esercizio del diritto di difesa prima che i contitolari dell’inchiesta procedano con una richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione.

Redazione Calabria 7

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