Passa dagli arresti domiciliari all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria Francesco D’Angelo, 76 anni, di Piscopio, detto “Ciccio Ammaculata”, accusato di associazione mafiosa nell’ambito del processo “Petrolmafie-Dedalo”, nato dall’inchiesta della Dda di Catanzaro che mira a far luce sulle attività illecite del clan Mancuso nel florido commercio fraudolento di prodotti petroliferi colpendo gli assetti organizzativi e logistici del sodalizio. Lo ha deciso il Tribunale collegiale di Vibo, presidente Gianfranco Grillone, a latere Laerte Conti e Alessio Maccarrone, dove è in corso il dibattimento, accogliendo l’istanza difensiva degli avvocati Salvatore Staiano e Lucrezia Staiano, che ha argomentato il decorso del tempo e la buona condotta tenuta dall’imputato durante gli arresti domiciliari.
Per i giudici sussiste però la necessità di tenere lontano l’imputato dal contesto criminale in cui avrebbe operato e la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria atti ad impedire illeciti penalmente rilevanti. Secondo le ipotesi accusatorie D’Angelo contribuiva ad appoggiare la cosca Mancuso sostenendo il suocero Giuseppe D’Amico, imprenditore nel settore carburanti che da una parte era finanziato dall’omonima cosca di Limbadi e, dall’altra, tramite l’appoggio di diverse cosche riforniva le imprese edili e di movimento terra. (g. p.)
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