di Giovanni Bevacqua – Ampliamenti volumetrici, demolizioni e ricostruzioni con delocalizzazione, recupero di sottotetti. Per fronteggiare la crisi che ha investito il settore edile, il Governo, in accordo con le Regioni, ha messo in atto una serie di disposizioni finalizzate a rilanciarne l’attività, accrescendo al tempo stesso prestazioni energetiche e qualità architettonica del patrimonio esistente. Stiamo parlando del Piano Casa, ben familiare a chi nell’ultimo decennio ha avuto a che fare, per casa propria, con imprese di costruzione e ingegneri. Proprio lo scorso 29 giugno, la Regione Calabria ha prorogato misure e interventi straordinari legati ai benefici offerti dalla legge. In particolare, si parla di incrementi percentuali dei singoli interventi: dove lo Stato concede 15 la Calabria concede 20, dov’è 20 concede 25 e dov’è 500 concede 750. Nulla di strano se non fosse che, come si legge in un ricorso presentato dall’avvocatura generale dello Stato in difesa della presidenza del Consiglio dei ministri, “la Regione Calabria sta facendo da dieci anni ‘per conto suo’”. Secondo il Governo Italiano le attuazioni del più piccolo Governo calabrese sono “costituzionalmente illegittime” e per questo ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale.
La Regione rende ordinario lo straordinario
La Regione rende ordinario lo straordinario
Stando a quanto si legge nelle motivazioni depositate dalla presidenza del Consiglio dei ministri, sono dieci anni che la Regione Calabria continua a prorogare delle eccezioni sulle misure proposte dalla Stato senza un’effettiva necessità. “Posto infatti che la finalità della legge regionale sul Piano Casa del 2010 – si legge nel ricorso presentato dal Consiglio dei ministri – era quella di consentire interventi straordinari per un tempo limitato, le continue proroghe apportate dalle altre leggi regionali succedutesi nel tempo (ultima appunto quella di cui all’art. 4 della legge qui impugnata) hanno l’effetto di stabilizzare nel lungo periodo questo regime, con la conseguenza di accrescere enormemente, per sommatoria, il numero degli interventi assentiti in deroga. Quindi, ciò che dovrebbe essere straordinario e temporaneo diviene di fatto permanente e rende costante l’estraneità di questi interventi rispetto all’alveo naturale costituito dal Piano Paesaggistico”.
Venuta meno la leale collaborazione tra Stato e Regioni
Le motivazioni che animano il ricorso del Stato nei confronti della Regione Calabria, sono riconducibili al fatto che le proroghe effettuate dal Governo di casa nostra violano “tutti i precetti costituzionali nonché il principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni”.
Tre proroghe in 10 anni
Si legge nel ricorso: “Gli interventi previsti e consentiti dalla legge regionale sul Piano Casa del 2010 nascevano infatti come ‘straordinari’ ed erano destinati ad avere vita temporalmente limitata. Basti pensare che il termine entro il quale sarebbe stato possibile presentare istanza per eseguire gli interventi in questione era originariamente fissato al 31 dicembre 2014, poi venne prorogato al 31 dicembre 2016, poi ancora al 31 dicembre 2018, poi al 31 dicembre 2020 ed ora al 31 dicembre 2021. Ed ancora, mentre la possibilità di eseguire interventi di modificazione in aumento di volumetria e di altezza, e di demolizione/ricostruzione con premio di cubatura riguardava edifici esistenti alla fine del 2019, ora tale possibilità riguarda edifici realizzati anche dopo tale data. Ciò significa che, pendente il processo di pianificazione paesaggistica condivisa fra Stato e Regione Calabria cui dovrebbero riferirsi tutte le trasformazioni del territorio, la regione Calabria, sta facendo da dieci anni “per conto suo”.