‘Picchio’ De Sisti rievoca a Roma Tv il 16 maggio ’82 di Fiorentina e Catanzaro

di Danilo Colacino – Un bollino giallorosso in sovrimpressione sullo schermo televisivo. Ma non è quello del Catanzaro bensì di Roma Tv. L’effetto che fa, però, una volta tanto è il medesimo. Perché? Semplice: ospite di Roma Slideshow – trasmissione trasmessa dall’emittente tematica, interamente dedicata alla compagine capitolina – è Giancarlo ‘Picchio’ De Sisti, inquadrato con uno sfondo imponente di un ritratto fotografico (of course, considerato il titolo del programma). Nella foto ingrandita a dismisura, il campione d’Europa del 1968 è immortalato mentre dà la mano al ‘barone’ (soprannome che al tempo si spreca e ad esempio affibbiato anche a Franco Causio e soprattutto Nils Liedholm) Paolo Carosi, da giocatore bandiera della Lazio ma soprattutto negli anni successivi tecnico dei gigliati fin quando lo stesso Picchio viene chiamato a prenderne il posto nel gennaio 1981.

Cosa c’entra il Catanzaro in questa storia?

Cosa c’entra il Catanzaro in questa storia?

Entrambi i mister al momento dell’affettuoso saluto sono allo stadio Sant’Elia di Cagliari ed è il 16 maggio 1982. Data fatidica. Carosi, dopo l’inatteso esonero di Firenze nella stagione precedente, si è accasato nel capoluogo sardo alla guida dei rossoblù che quella domenica ricevono proprio i viola sulla cui panchina continua a sedere  De Sisti chiamato, come premesso, al posto del ‘barone’. Nessuno dei due, tuttavia, sa che quello si rivelerà un pomeriggio sportivamente drammatico, su cui si discute ancora oggi a distanza di oltre 36 anni. Motivo? I ragazzi di Firenze inseguono lo Scudetto e i locali la salvezza, ma quanto avverrà nei 90’ in terra sarda sarà consegnato agli annali del calcio e farà persino nascere lo storico gemellaggio – rinnovato per così dire ieri con i supporter toscani ospitati nella Massimo Capraro dagli Uc ’73 – fra le tifoserie del Catanzaro e della Fiorentina. Al Nicola Ceravolo del capoluogo calabro è infatti di scena la Juventus del ‘Trap’, peraltro adesso fresco 80enne, in lotta proprio per il 20. tricolore e quindi per la seconda stella da appuntare sulla magli. Ma il clima per le Zebre è ostile. La Curva Ovest di allora e tutti gli spettatori non di fede bianconera presenti allo stadio pretendono un successo di prestigio, storico considerate le circostanze, e inoltre simpatizzano per i viola.

Un pomeriggio di metà luglio ’82 che intreccia i destini calcistici di Firenze e Catanzaro.

È una calda domenica di metà primavera, il 16 maggio ’82. Le Aquile sono strasalve e hanno addirittura a lungo inseguito una prodigiosa qualificazione in Coppa Uefa, arrivando tuttavia alle spalle delle solite regine del campionato e di una sorprendente Ascoli nell’occasione da record. Il Cagliari invece no. È invischiato nella bagarre retrocessione con Bologna, Milan, Genoa e Udinese. Anzi, ha l’acqua alla gola. Gli otto incontri dell’ultima giornata di serie A, all’epoca a 16 squadre, sono incredibilmente quasi tutti decisivi per qualcosa di importante in palio e il neodesignatore della Can, l’ex arbitro internazionale Alessandro D’Agostini, sceglie per le determinanti sfide di Catanzaro e Cagliari rispettivamente gli esperti fischietti, tuttavia privi di badge Fifa, Claudio Pieri di Genova e Maurizio Mattei di Macerata. In futuro – da dirigenti arbitrali – pure avvicendatisi alla presidenza della Can C. Gli stessi direttori di gara, con certe decisioni, saranno forse loro malgrado protagonisti in negativo della corsa al titolo italiano. Pieri, infatti, negherà un rigore solare ai giallorossi per netto fallo di Brio su Borghi e poi ne assegnerà uno ai bianconeri. Penalty che il ‘partente’ irlandese Brady, sbolognato per far posto a ‘Le Roy’ Platini in tempi in cui era consentito tesserare solo due stranieri, trasformerà con calma olimpica. Mattei, invece, ravviserà un fallo ‘fantasma’ di Bertoni in area cagliaritana, annullando una rete di Graziani e lasciando lo score inchiodato sullo 0 – 0 di partenza.

Le partite al termine delle quali verrà coniato lo slogan lo slogan: “Meglio secondi che ladri”.

All’epilogo del torneo, al Ceravolo la Juventus brinda a champagne negli spogliatoi mentre i tifosi giallorossi e viola – questi ultimi nella circostanza assiepati in lacrime sugli spalti del Sant’Elia – schiumano rabbia. E proprio i sostenitori viola conieranno nei giorni successivi lo slogan: “Meglio secondi che ladri”. Nascerà da questa occasione l’odio sportivo nei confronti dei torinesi (sponda Juve). Un’acrimonia che come ovvio si intensificherà poco meno di un paio di lustri dopo quando Luca Cordero di Montezemolo, su diretto mandato dell’avvocato Gianni Agnelli, porterà all’ombra della Mole Roberto Baggio. Un ‘Divin Codino’ che peraltro si era già formalmente accordato con l’allora pluridecorato Milan berlusconiano. Ma è un’altra storia

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