l'analisi

Più tasse per tutti, così il Comune ha messo in mutande i vibonesi: la missione “fallita” delle due Marie

Vibo in ginocchio e l'assessore in vacanza in Spagna, il sindaco al Viminale con il cappello in mano ma la "casta" costa un milione di euro all'anno

Che fine ha fatto l’assessore al Bilancio Maria Teresa Nardo? Alla vigilia di un Consiglio comunale che si preannuncia infuocato, la domanda da un milione di euro gira intorno alla professoressa dell’Unical sparita nel nulla dopo le motivazioni della famigerata sentenza pubblicate dalle Sezioni Unite della Corte dei Conti che, in sostanza, ha dichiarato illegittimo il piano di riequilibrio. Evidentemente allergica alle interviste, poco incline a comparire in pubblico, l’assessore Nardo non si è assolutamente vista nella conferenza stampa convocata in fretta e in furia dal sindaco Maria Limardo per attribuire le colpe di quanto avvenuto al commissario Giuseppe Guetta e al ministero dell’Interno.

Città in ginocchio, assessore in vacanza

Città in ginocchio, assessore in vacanza

Non è stato necessario rivolgersi a “Chi l’ha Visto?” per scoprire che Maria Teresa Nardo in quei giorni si trovava in vacanza in Spagna. Fonti accreditate confermano la sua presenza per domani in Consiglio Comunale. Di spiegazioni dovrà darne parecchie. Più che all’opposizione alla cittadinanza costretta a un quadriennio di lacrime e sangue con manovre finanziarie rivelatesi pressoché inutili se non a desertificare una comunità sempre più povera e relegata agli ultimi posti nella speciale classifica sulla qualità della vita. I conti restano sballati, le entrate sempre inferiori alle uscite e andando avanti di questo passo il default è assicurato. Altro che piano di riequilibrio. A questo punto sarebbe meglio che l’assessore torni a fare la cattedratica e lasci a chi è in grado di andare oltre la teoria i quasi 4mila euro che Palazzo “Luigi Razza” deve versare ogni mese ad a ogni singolo componente della Giunta. Per ognuno di loro servirebbe, in effetti, un corso di formazione ad alti livelli che faccia capire come rendere attrattiva una città incastonata tra Pizzo e Tropea, con un porto dalle potenzialità infinite ma non assolutamente valorizzato, con zero servizi offerti, un’idea di sviluppo alquanto confusa, l’ossessione di pareggiare i conti in rosso mettendo il cappio al collo ai cittadini e il bastone tra le ruote agli imprenditori.

I “cattivi” consiglieri del sindaco

Intanto il sindaco Maria Limardo, che guadagna oltre 6mila euro (il doppio rispetto ai suoi predecessori) mal consigliata dai suoi super e pagatissimi dirigenti, è finita in un autentico vicolo cieco. Reduce dalla missione romana insieme al fido segretario generale Domenico Scuglia, il primo cittadino sarà chiamato a chiarire il percorso da seguire e le nuove indicazioni fornite dal Viminale dove si è recata con il cappello in mano. La questione non è semplicemente tecnica ma autenticamente politica. Se il Comune di Vibo fosse un’azienda privata i primi a essere licenziati sarebbero stati i manager, ovvero dirigenti. A seguire toccherebbe allo stesso sindaco, costretta a elemosinare le ultime possibilità di riconferma al sottosegretario Wanda Ferro che per la salvezza della città di Vibo si è messa a disposizione anche se i parametri non sono discrezionali e c’è un evidente problema di risorse. Conseguenziale al fallimento di Maria Limardo, l’operato della triade Mangialavori-Pitaro-De Nisi, portatrice di sventure e di guai. D’altronde la città e la provincia sono governati, direttamente o indirettamente, da venti anni dagli stessi personaggi politici che si alternano senza soluzione di continuità provocando disastri su disastri.

L’involuzione di Vibo e il costo della “casta”

Non immune da responsabilità, quindi, un’intera classe politica che si è nascosta dietro l’operato dei tecnici delegando fin troppo e condannando la città a un’inarrestabile involuzione nascosta dietro fiere, festival e presentazioni di libri di personaggi più o meno conosciuti. La narrazione racconta un’isola solo apparentemente felice, la realtà quotidiana dice altro: più tasse per tutti tra Tari, Imu, canone idrico a tartassare i contribuenti. Aliquote al massimo possibile e tributi alle stelle per una vessazione fiscale che non ha migliorato i conti del Comune ma, al contrario, sta contribuendo a provocare un’ulteriore fuga da Vibo di famiglie, giovani e cervelli, la chiusura di molti negozi, il degrado in centro e nelle frazioni. Spopolamento e desertificazione. La situazione è sotto gli occhi di tutti con un’aggravante. Mentre commercianti, imprenditori, semplici lavoratori continuano a pagare di tasca loro i vari tributi comunali, l’ente sborsa mediamente 50mila euro al mese per gli stipendi del sindaco e degli assessori, circa 40mila per quelli dei consiglieri comunali. Sono i costi della politica maggiorati dalle nuove indennità che premiano la “casta” cittadina. Il conto è generale perché per la solita questione di privacy non è dato sapere come sono distribuiti questi gettoni di presenza che garantiscono a ogni singolo consigliere comunale più di mille euro al mese. Becero populismo, si dirà. La realtà dice però che Giunta e Consiglio costano all’anno un milione di euro. Tutto legittimo, per carità. Il problema sono i risultati prodotti. Nel caso di Vibo selfie a raffica, bollette salatissime ma soprattutto miseria e disoccupazione.   

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